La Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di La Spezia: quest'ultimo aveva evidenziato che la normativa attuale pone l'invalido totale in una condizione di minor favore rispetto all'invalido parziale, in quanto, per il calcolo del limite di reddito, ai fini della concessione delle provvidenze economiche, è prescritto il computo del reddito del solo invalido, nei casi di invalidità parziale, mentre è prescritto il computo del reddito dell'invalido ed anche del coniuge, nel caso dell'invalidità totale (Corte Costituzionale, ord. n. 115/2008)

Si attendeva la pronuncia della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di La Spezia, con ordinanza del 25 settembre 2006.

Il Tribunale di La Spezia aveva correttamente osservato che la normativa in vigore pone l'invalido totale in una situazione di minor favore rispetto a quella dell'invalido parziale.
Infatti, il limite di reddito al di sotto del quale possono essere concesse le provvidenze economiche in favore degli invalidi civili viene computato, nell'ipotesi di invalido parziale, tenendo conto del solo reddito dell'invalido, mentre, nell'ipotesi di invalido totale, il computo viene fatto assommando al reddito dell'invalido anche quello del coniuge.

Ciò è dovuto alla formulazione dell'art. 14-septies della L. 33/1980, il quale nell'innalzare il limite di reddito per la concessione delle provvidenze economiche in favore degli invalidi civili, (che la previsione originaria della L. 118/1971 agganciava ai limiti di reddito previsti per la pensione sociale Inps), e nello stabilire che detto limite debba calcolarsi considerando il solo reddito dell'invalido (escludendosi il computo del reddito degli altri componenti del nucleo familiare, come invece prescritto per la pensione sociale), ha contemplato espressamente solo la categoria degli invalidi civili parziali ed il relativo beneficio dell'assegno mensile di assistenza e non anche gli invalidi totali ed il relativo benficio della pensione di inabilità.

Se si seguisse letteralmente tale formulazione, si giungerebbe però ad un risultato illogico: all'invalido totale verrebbe applicato un criterio di computo del reddito (prevedendosi il cumulo del reddito dell'invalido con quello del coniuge) più sfavorevole rispetto a quello prescritto per l'invalido parziale (per il quale è prescritto il computo del solo reddito personale).

Va considerato che la prassi amministrativa, per tutti questi anni, ha fatto giustizia di questa irragionevole disparità di tratamento, sicchè sia il Ministero dell'Interno in passato, che ora l'Inps, nelle loro circolari applicative hanno costantemente ribadito che, anche per la pensione di inabilità, come per l'assegno mensile di assistenza, il reddito da considerarsi ai fini del computo del limite di reddito, è solo quello dell'invalido.

Certo, la predetta formulazione legislativa ha comunque prodotto i suoi effetti nel diverso terreno dell'interpretazione giurisprudenziale, all'interno del quale gli ineludibili criteri di interpretazione delle leggi hanno portato a diverse sentenze della Suprema Corte, con le quali si configura il limite di reddito della pensione di inabilità come reddito dell'invalido assommato a quello del coniuge.

Ciò ha comportato e comporta tutt'ora un conflitto fra la logica adottata in sede amministrativa e quella seguita nei tribunali.

Si può citare un'ipotesi, frequente nella pratica.

Si consideri un invalido totale cui sia stata concessa la pensione di inabilità in sede amministrativa, in quanto il suo reddito personale è inferiore ai limiti legge, e si ipotizzi che, successivamente (per esempio per revoca della provvidenza in seguito a revisione del requisito sanitario), egli debba adire il giudice per il ripristino della prestazione.
Ebbene: potrebbi darsi il caso che il giudice, pur accertando la sussitenza del requisito sanitario dell'inabilità totale, non ritenga però di disporre la concessione della pensione di inabilità, qualora computando il reddito del coniuge (non considerato in sede amministrativa) in aggiunta a quello dell'invalido, si superasse il limite di reddito.

Un'altra ipotesi frequente, che evidenzia l'illogicità insita nella formulazione della normativa vigente, è quella dell'invalido, non percettore di alcun reddito ma con coniuge lavoratore, il quale in sede giurisdizionale si veda riconosciuta l'invalidità totale dalla perizia medico-legale disposta dal giudice.
Al fine di ottenere una sentenza favorevole, l'invalido sarebbe tenuto ad adottare una linea difensiva alquanto contorta: egli dovrebbe rinunciare alla domanda per la pensione di inabilità ed insistere nella domanda per il riconoscimento dell'ipotesi, minore, di invalido con invalidità superiore al 74% avente diritto all'assegno mensile di assistenza, così ottenendo un beneficio economico di pari importo (è noto che la misura dell'assegno mensile non si differenzia da quella della pensione di inabilità) e però evitando di dover considerare anche il reddito del coniuge ai fini del computo del limite di reddito.

Per l'evidente irragionevolezza, sopra evidenziata, di un trattamento dell'invalido totale più sfavorevole rispetto a quello riconosciuto all'invalido parziale, si attendeva con notevole interesse la pronuncia della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di La Spezia.

Spiace dover constatare che, purtroppo, la Consulta non è nemmeno entrata nel merito della questione, ritenendo che l'ordinanza di rimessione non sia stata sufficientemente motivata.

In particolare, la Corte Costituzionale ritiene che, in assenza di consulenza tecnica (che il Tribunale di La Spezia non ha disposto prima di sollevare la questione di legittimità costituzionale) ed in assenza comunque di precisi riferimenti, anche probatori, sulle condizioni di salute della ricorrente, non sia possibile delibare sulla fondatezza della pretesa.

Ed inoltre la Consulta, sempre in ordine alla lamentata incompletezza dell'ordinanza di rimessione del Tribunale di La Spezia, ritiene che quest'ultimo avrebbe dovuto specificare quale fosse stata la posizione assunta in giudizio dall'Inps, rispetto alle sopra citate circolari dell'istituto, con cui si prevede che per la pensione di inabilità (come per l'assegno mensile di assistenza) il reddito da computare sia solo quello personale dell'invalido, nonchè specificare su quale dei requisiti per l'assegnazione della pensione vertessero le contestazioni nel giudizio da parte dell'avvocatura dell'istituto e con quali argomentazioni fossero sostenute.

Marco Aquilani - 13.5.2008

Marco Aquilani, 13.05.2008

Il testo dell'atto

Corte Costituzionale, ordinanza 14 aprile 2008, n. 115

Corte Costituzionale, ordinanza 14 aprile 2008, n. 115

Invalidi civili - provvidenze economiche - questione di legittimità costituzionale relativa alla condizione sfavorevole dell'invalido totale rispetto all'invalido parziale in ordine al criterio di computo dei redditi e alla inclusione nel computo, solo per l'invalido totale, anche del reddito del coniuge - manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "

 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14-septies, quarto e quinto comma, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, promosso dal Tribunale di La Spezia nel procedimento civile vertente tra L. D. e il Ministero dell'economia e delle finanze ed altri, con ordinanza del 25 settembre 2006 iscritta al n. 194 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2007.

Visti gli atti di costituzione di L. D. e dell'INPS nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 marzo 2008 il Giudice relatore Francesco Amirante;

uditi gli avvocati Sante Assennato per L. D., Alessandro Riccio per l'INPS e l'avvocato dello Stato Fabio Tortora per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale di La Spezia, sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma, e 38, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 14-septies, quarto e quinto comma, della legge 29 febbraio 1980, n. 33 – recte: del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33 – «nella parte in cui non prevede, anche per il richiedente la pensione di inabilità, di cui all'art. 12 della legge 30 gennaio 1971, n. 118» (Conversione in legge del decreto legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), «l'esclusione dal computo dei redditi di quelli percepiti dagli altri componenti il suo nucleo familiare»;

che, quanto alla rilevanza della questione, il remittente espone che la ricorrente nel giudizio a quo, assumendo di essere invalida civile assoluta, ha chiesto la pensione d'inabilità negatale dall'INPS in sede amministrativa in quanto il suo reddito, cumulato con quello del coniuge, superava il limite di legge mentre, se fosse stato escluso il cumulo, l'entità del solo reddito dell'interessata le avrebbe consentito di godere della prestazione assistenziale in argomento;

che la questione sarebbe non manifestamente infondata con riferimento ad entrambi i parametri evocati, in quanto, per il soggetto parzialmente invalido, ai fini dell'attribuzione dell'assegno mensile, la legge stabilisce che non si tenga conto dei redditi degli altri componenti del nucleo familiare, sicché è irragionevole, secondo il remittente, stabilire più restrittivi limiti di reddito per soggetti più gravemente inabili rispetto a chi aspira all'assegno (per esserlo solo parzialmente);

che non ha rilievo l'affermazione, contenuta nella sentenza di questa Corte n. 88 del 1992, secondo cui, anche ai fini dell'attribuzione della pensione d'inabilità, non si deve tener conto del reddito del coniuge dell'interessato, perché si tratta di un'affermazione fatta incidentalmente, non necessaria ai fini della decisione, e costantemente contraddetta dall'orientamento della Corte di cassazione;

che, ad avviso del remittente, un diverso indirizzo giurisprudenziale, rinvenibile in parte della giurisprudenza di merito, non può essere seguito perché in contrasto con l'univoco dettato normativo;

che il giudice a quo sottolinea come la diversità di normativa sulla determinazione del requisito reddituale tra pensione ed assegno non sia originaria, bensì insorta successivamente attraverso modifiche non ben coordinate della disciplina, la cui necessità di razionalizzazione era stata posta in evidenza da questa Corte con la suddetta sentenza n. 88 del 1992;

che si sono costituiti in giudizio sia la parte privata sia l'INPS;

che la prima aderisce alle considerazioni del remittente e chiede quindi l'accoglimento della questione;

che l'Istituto previdenziale sostiene, invece, l'infondatezza della questione sul rilievo secondo cui la pensione di inabilità, di importo notevolmente superiore all'assegno, trova la sua giustificazione nella impossibilità di sopperire alle necessità dell'inabile mediante l'attuazione degli obblighi di solidarietà familiare, con la conseguenza che è il reddito familiare ad essere rilevante;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza della questione in quanto spetta al legislatore bilanciare le necessità dell'inabile e gli obblighi della solidarietà familiare e dell'intera collettività.

Considerato che alcune carenze di motivazione riscontrabili nell'ordinanza di rimessione in punto di rilevanza non consentono l'esame nel merito della questione di legittimità costituzionale la quale, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;

che, anzitutto, se può considerarsi non implausibile la motivazione con cui il giudice remittente ha ritenuto di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale ancor prima di disporre consulenza tecnica per la valutazione delle condizioni fisiche della ricorrente, la mancanza di qualsiasi accenno alle medesime ed alla relativa documentazione non consente neppure, sotto tale profilo, una delibazione sulla fondatezza della pretesa;

che, in secondo luogo, poiché la Direzione centrale dell'INPS, con messaggio n. 9879 del 17 aprile 2007 – confermativo, però, di un precedente, risalente indirizzo enunciato in altro atto generale, e con riferimento anche alla citata sentenza di questa Corte n. 88 del 1992 – inviato a tutte le sedi regionali, provinciali e alle agenzie, ha affermato che, in tema di pensioni d'inabilità civile, il requisito reddituale va riscontrato tenendo conto del «solo reddito personale del richiedente, come per gli assegni d'invalidità parziale», il remittente avrebbe dovuto chiarire quale fosse a tal riguardo l'atteggiamento in causa dell'INPS, su quale dei requisiti per l'assegnazione della pensione vertessero le sue contestazioni e con quali argomentazioni fossero sostenute.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 14-septies, quarto e quinto comma, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, sollevata, in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma, e 38, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di La Spezia, sezione lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2008.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA