L'invalidità che rileva, ai fini del prepensionamento di cui all'art.1, 8° co., D.Lgs. 503/1992, è l'invalidità civile e non l'invalidità accertata secondo i parametri della L. 222/1984 (Cass. n. 9081/2013)

La giurisprudenza di legittimità si è pronunciata due volte sul quesito: qual'è l'invalidità da considerare ai fini del prepensionamento dei lavoratori disabili?
Se cioè l'80% di invalidità - che dà diritto di anticipare l’età pensionabile a 55 anni per le donne ed a 60 per gli uomini- sia da accertare con i parametri della "capacità di lavoro" e della "assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa" individuati dalla L. 222/1984 ai fini dell'assegno ordinario di invalidità e di pensione di inabilità contributivi, oppure con i parametri della "capacità lavorativa generica" prescritti per l'accertamento dell'invalidità civile (L. 118/1971, L.291/1988, D.Lgs. 509/1988, D.M. Min. della Sanità 5.2.1992)

Entrambe le volte (sent. 13495/2003 e sent. 9081/2013), la Cassazione (scostandosi da decisioni della giurisprudenza di merito come C.A. Torino sent. 940/2006) ha deciso che l'invalidità che rileva ai fini del prepensionamento sia proprio l'invalidità civile.

18.10.2015 - Marco Aquilani

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Estratto dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, "Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"

art. 1. 
Età per il pensionamento di vecchiaia.

1. Il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti è subordinato al compimento dell'età indicata, per ciascun periodo, nella tabella A allegata.
2. Il limite di età previsto per l'applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 6, L. 29 dicembre 1990, n. 407, è elevato fino al compimento del 65° anno; gli assicurati che alla data di entrata in vigore del presente decreto prestano ancora attività lavorativa, pur avendo maturato i requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia, sono esonerati dall'obbligo della comunicazione di cui al richiamato articolo 6, comma 2; sono altresì esonerati dall'anzidetto obbligo gli assicurati che maturino i requisiti previsti entro sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, fermo restando l'obbligo per gli assicurati stessi di effettuare la comunicazione sopra considerata non oltre la data in cui i predetti requisiti sono maturati.
3. La percentuale annua di commisurazione della pensione per ogni anno di anzianità contributiva acquisita per effetto di opzione esercitata ai sensi dell'articolo 4 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dell'articolo 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, ai fini della permanenza in servizio oltre le età di cui al comma 1, è incrementata di un punto percentuale fino al compimento del 60° anno di età per le donne e 65° per gli uomini e di mezzo punto percentuale negli altri casi, anche in deroga all'articolo 11, comma 2, della legge 30 aprile 1969, n. 153. Gli incentivi indicati sono attribuiti, comunque, fino al raggiungimento dell'anzianità contributiva massima utile. Per gli anni successivi viene riconosciuta la maggiorazione della pensione di cui al comma 6 dell'articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 407.
4. Le percentuali annue di rendimento attribuite ai sensi del comma 3 restano acquisite indipendentemente dalla successiva applicazione dell'elevazione del requisito di età prevista dal comma 1.
5. Il trattamento pensionistico derivante dall'applicazione dei commi 2 e 3 non può comunque superare l'importo della retribuzione pensionabile prevista dai singoli ordinamenti.
6. Sono confermati i requisiti per la pensione di vecchiaia in vigore alla data del 31 dicembre 1992 per i lavoratori non vedenti.
7. Il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia è subordinato alla cessazione del rapporto di lavoro.
8. L'elevazione dei limiti di età di cui al comma 1 non si applica agli invalidi in misura non inferiore all'80 per cento.

Marco Aquilani, 18.10.2015

Il testo dell'atto

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 15 aprile 2013, n. 9081

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 15 aprile 2013, n. 9081

Pensioni - pensione di vecchiaia - anticipazione - requisiti ridotti ex art. 1, comma 8, D. Lgs. n.
503 del 1992 - requisito sanitario - nozione di invalidità nei termini dell'invalidità civile - estraneità dei criteri previsti dalla legge n. 222/1984 (Sintesi non ufficiale)

Il riconoscimento dell'invalidità civile nella misura dell'80% permette di beneficiare dell'esclusione dall'elevazione dell'età pensionabile, disposta dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 1, comma 1, a mente della previsione di cui al comma 8, medesimo art. (Massima non ufficiale)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BANDINI     Gianfranco -  rel. Presidente   -
Dott. VENUTI      Pietro  -  Consigliere  -
Dott. D'ANTONIO   Enrica  -  Consigliere  -
Dott. BALESTRIERI Federico -  Consigliere  -
Dott. ARIENZO     Rosa   -  Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:  
 
SENTENZA
sul ricorso 14042-2008 proposto da:
M.A.,  nella qualità di erede di G.C.,
elettivamente  domiciliata  in ROMA, VIALE  MAZZINI  113,  presso  lo studio  dell'avvocato  GRASSO ROSALBA, che la rappresenta  e  difende unitamente all'avvocato MORRONE SALVATORE, giusta delega in atti;  
- ricorrente -
contro
-   I.N.P.S.   -   ISTITUTO   NAZIONALE  DELLA   PREVIDENZA   SOCIALE (OMISSIS),  in  persona  del legale rappresentante  pro  tempore, elettivamente  domiciliato  in ROMA,  VIA  DELLA  FREZZA  17,  presso l'Avvocatura  Centrale dell'Istituto, rappresentato  e  difeso  dagli avvocati PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO,  giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso  la  sentenza  n. 682/2007 della CORTE D'APPELLO  di  TORINO, depositata il 21/05/2007 R.G.N. 1451/2006; 
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI; 
udito l'Avvocato D'AGOSTINO ORONZO per delega GRASSO ROSALBA; 
udito l'Avvocato PULLI CLEMENTINA; 
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. FRESA Mario che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 
M.A., in qualità di erede di G.C., convenne in giudizio l'Inps per ottenerne la condanna al pagamento della pensione di vecchiaia con decorrenza dal 1.2.2000, avendo il de cuius ottenuto il riconoscimento dell'invalidità civile nella misura dell'80% in data 16.12.1999 ed avendo il medesimo compiuto il sessantesimo anno di età il 5.1.2000, così da poter beneficiare dell'esclusione dall'elevazione dell'età pensionabile, disposta dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 1, comma 1, a mente della previsione di cui al comma 8, medesimo art.; per contro l'Inps aveva riconosciuto il diritto a pensione soltanto dal maggio 2001, essendo stata presentata la domanda di pensione di vecchiaia il 6.4.2001 ed avendo l'Istituto, con verbale del 19.10.2001, successivo al decesso dell'assicurato, riconosciuto la sua invalidità non inferiore all'80%, secondo le previsioni della L. n. 222 del 1984, sin dalla data della domanda.
Radicatosi il contraddittorio, il primo Giudice accolse la domanda.
La Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 17 - 21.5.2007, accogliendo il gravame dell'Istituto, rigettò la domanda, ritenendo che la percentuale di invalidità dell'80%, di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, ridetto art. 1, comma 8, doveva essere accertata in base ai criteri stabiliti per l'invalidità pensionabile e non secondo la differente disciplina normativa concernente l'invalidità civile.
Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, M. A., in qualità di erede di G.C., ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo. L'Inps ha resistito con controricorso.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 8, deducendo che la formulazione di tale norma è tale da includere anche la nozione di capacità lavorativa generica rilevante nell'ambito dell'invalidità civile.
2. La decisione impugnata, che si è posta in consapevole dissenso dal precedente di questa Corte n. 13495/2003, si fonda essenzialmente sul rilievo che la disposizione in parola è inserita in un contesto normativo concernente i trattamenti previdenziali e non quelli assistenziali, dal che dovrebbe derivarsi la rilevanza soltanto dell'invalidità accertata in base ai criteri fissati per il riconoscimento delle prestazioni previdenziali ai sensi della L. n. 222 del 1984.
3. Ritiene il Collegio di non doversi discostare dal principio già fissato dal proprio ricordato arresto n. 13495/2003, ove è stato condivisibilmente rilevato che la percentualizzazione puntuale dell'invalidità in una misura fin ad allora estranea al regime pensionistico generale era già da sola significante dell'intento legislativo di riferirsi a una categoria di soggetti che non coincide con quella indicata nella L. n. 222 del 1984, art. 1, il quale accoglie una nozione di invalidità che fa consistere genericamente nella riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo.
In altri termini, il riferimento allo stato di invalidità (nella percentuale fissa indicata) senza il richiamo alla riduzione della "capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini" (capacità di lavoro specifica), rilevante a mente della L. n. 222 del 1984, art. 1 per il riconoscimento dell'assegno ordinario di invalidità, conduce a ritenere che l'applicabilità della vecchia normativa in tema di età pensionabile è stata genericamente disposta in favore di tutti i soggetti invalidi, anche se con capacità di lavoro e, quindi, di guadagno, perchè l'unico requisito posto dalla legge riguarda, appunto, la misura dell'invalidità, che non deve essere inferiore all'80%.
4. Il motivo e, con esso, il ricorso che sul medesimo si fonda, va dunque accolto e la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, poichè non sono in contestazione l'avvenuto riconoscimento del gradiente invalidante nella misura dell'80% da parte della competente Commissione in data 16.12.1999 e il compimento del sessantesimo anno da parte dell'assicurato in data 5.1.2000, la controversia può essere decisa nel merito, con il riconoscimento del diritto della ricorrente a percepire la pensione di vecchiaia del marito con decorrenza dal 1 febbraio 2000.
Le spese dell'intero processo, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza; per quelle relative ai gradi di merito va disposta la distrazione, come richiesto, a favore del difensore antistatario avv. Salvatore Morrone.
 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara il diritto della ricorrente a percepire la pensione di vecchiaia spettante al marito defunto, G.C., con decorrenza dal 1 febbraio 2000; condanna l'Inps alla rifusione delle spese di lite afferenti all'intero processo, con distrazione di quelle afferenti ai gradi di merito a favore dell'avv. Salvatore Morrone, che liquida:
quanto al primo grado in complessivi Euro 1.250,00, di cui Euro 634,00 per onorari ed Euro 566,00 per diritti; quanto al secondo grado in complessivi Euro 1.450,00, di cui Euro 834,00 per onorari ed Euro 566,00 per diritti; quanto al giudizio di cassazione in Euro 2.050,00 (duemilacinquanta), di cui Euro 2.000,00 (duemila) per compenso; il tutto oltre a spese generali per i gradi di merito ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2013