La Cassazione prende atto del chiarimento normativo operato dall’articolo 10, commi 5 e 6, del D.L. 76/2013, che esclude il computo del reddito del coniuge nel limite di reddito per la pensione di inabilità; tale intervento si applica espressamente dopo la data del 28.6.2013, ciò significa che per il periodo precedente era vigente il criterio del cumulo (Cass. ord. n. 27812/2013)

Commento da www.avvenire.it , a cura di Daniele Cirioli:

I nuovi requisiti di reddito per la pensione di invalidità
Pensione a rischio per gli invalidi che hanno fatto ricorso contro l’Inps e per quelli che ne hanno fatto richiesta prima del 28 giugno 2013. Fino a tale data, infatti, il riconoscimento della pensione d’invalidità si basa sul requisito familiare e non su quello personale principio che vale, invece, dal 28 giugno 2013 in poi. Lo spiega la corte di cassazione nella sentenza n. 27812/2013. Interpretando la nuova norma del dl n. 76/2013 che, non senza “qualche ambiguità”, stabilisce appunto il diritto alla pensione d’invalidità in base solo al reddito personale, i giudici precisano che il nuovo indirizzo non tocca le vecchie istanze non ancora decise, ossia quelle presentate prima del 28 giugno 2013 e quelle che sono in contenzioso non ancora chiuso.

La pronuncia scrive un nuovo capitolo di una vicenda sorta all’inizio dello scorso anno. Si ricorderà che a gennaio 2013 l’Inps di punto in bianco cambiò il criterio di verifica del requisito reddituale ai fini del diritto alla pensione d’invalidità: anziché valutare solo il reddito dell’invalido (come aveva fatto fino al 2012), stabilì che dal 1° gennaio 2013 si dovesse fare riferimento al reddito familiare. Il cambio d’indirizzo, giustificato dall’Inps quale atto obbligatorio di allineamento all’orientamento giurisprudenziale (che anch’esso era nuovo), ebbe vita breve: una settimana, il tempo di qualche polemica. Con messaggio n. 717/2013, infatti, l’Inps subito bloccò il nuovo criterio su indicazioni del ministero del lavoro che avvisava dell’arrivo di una circolare di chiarimento. Quella circolare non è mai arrivata, ma il 28 giugno 2013 è invece entrato in vigore il decreto lavoro (dl n. 76/2013), che all’art. 10 comma 5 detta la soluzione normativa alla questione stabilendo che «il limite di reddito per il diritto alla pensione d’inabilità … è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’Irpef con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte».

Nella sentenza in esame (la n. 27812 del 2013) è proprio questa nuova norma a essere presa in considerazione dalla corte di cassazione, per decidere il ricorso dell’Inps avverso un’altra sentenza (corte appello di Messina) che aveva riconosciuto il diritto alla pensione ad un invalido dal mese di dicembre 2006 sulla base del solo reddito personale. La cassazione osserva, tra l’altro, che la «nuova norma si applica anche alle domande … e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore», cioè al 28 giugno 2013, «limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati», né «recupero degli importi erogati prima …». Nonostante «l’intervento del Legislatore presenti qualche ambiguità», i giudici di cassazione, ritengono infine che dalla nuova disposizione possano trarsi i seguenti principi «che indirizzano sia l’attività amministrativa che quella giudiziaria»:
•    dal 28 giugno 2013 il diritto alla pensione d’inabilità è condizionato dalla totale invalidità e dal possesso di un reddito personale (invalido) non superiore, per il 2013, a euro 16.127 (16.321 euro nel 2014);
•    il criterio si applica anche alle domande presentate prima del 28 giugno 2013 e ai giudizi non ancora definiti
a tale data, ma senza pagamento di arretrati.

Praticamente, la sentenza della cassazione precisa che, in base alla nuova norma, le posizioni in essere al 28 giugno 2013 – per  domande d’invalidità presentate prima di tale data e per contenzioso pendente alla stessa data – devono essere valutate in questo modo:
a)    il diritto alla pensione va accertato sulla base del reddito personale, anche in epoca antecedente al 28 giugno 2013;
b)    l’erogazione della pensione dal 28 giugno 2013 spetta sulla base del reddito personale;
c)    l’erogazione della pensione prima del 28 giugno spetta sulla base del reddito familiare.
Dunque il dl n. 76/2013 ha finito per dare ragione all’Inps: prima del 28 giugno 2013 la pensione è erogata sulla base del requisito “familiare”. Poiché la nuova norma vieta all’Inps di richiedere la restituzione delle somme già erogate (quindi l’Inps non può chiedere il rimborso della pensione di invalidità, che l’anno scorso ha comunque erogato in base al solo reddito personale) la novità volge a sfavore soltanto delle situazioni ancora aperte al 28 giugno 2013 (domande e/o ricorsi). Situazioni come quella dell’invalido di cui si occupa la sentenza esaminata, il quale – decide la corte – vedrà una nuova corte di appello decidere la sua posizione con il riconoscimento del diritto alla pensione d’invalidità dal mese di dicembre 2006, ma con erogazione solo a partire dal 28 giugno 2013.

Daniele Cirioli (www.avvenire.it)

Marco Aquilani, 20.01.2014

Il testo dell'atto

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 12 dicembre 2013, n. 27812

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 12 dicembre 2013, n. 27812

Pensione di inabilità - limite di reddito - dal 28 giugno 2013 non deve computarsi più il reddito del coniuge

In esito all'entrata in vigore a partire dal 28 giugno 2013 del d.l. n. 76 del 2003 si deve ritenere che: il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità sia condizionato oltre che dalla totale invalidità anche dal possesso di un reddito personale dell'invalido non superiore, per l'anno in corso ad Euro 16.127,30; la disposizione si applica anche alle domande amministrative presentate prima del 28 giugno 2013 ed a tutte le domande giudiziarie non ancora definite; ove l'Istituto, anteriormente a tale data, abbia erogato ratei di prestazione, sia in via amministrativa che in esecuzione di un provvedimento giudiziario, le somme non sono ripetibili a condizione che il reddito personale dell'invalido fosse inferiore al limite annualmente previsto.

1-­‐ Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Messina, riformando la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ha accolto la domanda proposta da N.M. nei confronti dell'Inps ed ha riconosciuto il diritto dell’invalida a percepire la pensione di inabilità a decorrere dal dicembre 2006 rilevando che la ricorrente, oltre ad essere totalmente inabile era altresì in possesso del necessario requisito reddituale, non dovendovi computare nell’accertamento dello stesso i redditi percepiti dal coniuge.
2-­‐ Avverso detta sentenza l’Istituto soccombente ricorre con un unico articolato motivo. Si lamenta in ricorso che il limite reddituale non sia stato ritenuto comprensivo dei redditi del coniuge, ritenendosi rilevante solo il reddito individuale.
La M. è rimasta intimata così come il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero dell’Interno.
3-­‐ Tanto premesso va rammentato che come è stato ricordato nella relazione redatta ai sensi dell’art. 375 c.p.c., questa Corte ( cfr. Cass. n. 5003 del 01/03/2011 seguita da molte altre conformi tra le quali recentemente ord. n. 10658/2012 e sent. n. 25000/2013 v. anche circolare Inps 28.12.2012 n. 149 che a tale orientamento si è adeguata dal 1.1.2013), rimeditando un suo precedente orientamento (cfr. Cass. n. 7259 del 2009, n. 20426 del 2010 e n. 18825 del 2008 e già Cass. n. 16363 del 2002, n. 16311 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, n. 13261 del 2007), ha ritenuto che "Ai fini dell’accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l’assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui all’art. 12 della legge n. 118 del 1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata."
4-­‐ Nel pervenire a tale conclusione si è considerato che la stessa risulta in linea " con i generali criteri del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell’intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola -­‐   stabilita dal successivo comma 5 dello stesso art. 14 septies solo per l’assegno mensile di cui alla L. n. 118 del 1971 citata -­‐   della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell'interessato". Le ragioni di tale affermazione sono state ravvisate nel fatto che l’intervento attuato dal legislatore con l’art. 14 septies, comma 5 è chiaramente un intervento inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell’innalzamento del limite reddituale previsto, però, esclusivamente per gli invalidi civili assoluti -­‐   dalla L. n. 29 del 1977. Significativo di tale intento è stato ritenuto il fatto che mentre per l’attribuzione dell’assegno è, preso a riferimento il solo reddito individuale dell’assistito, per converso l’importo da non superare per la pensione di inabilità (comma 4) corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l’assegno (£ 5.200.000 annue a fronte di £ 2.500.000 annue ed attualmente la divaricazione si è notevolmente ampliata in quanto, secondo le tabelle INPS, il limite reddituale stabilito per la pensione agli invalidi civili totali è di quasi tre volte superiore a quello indicato per l’assegno mensile agli invalidi civili parziali). In sostanza si è ritenuto che la norma rappresentasse una deroga all’orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi (vedi Corte cost. sent. n. 769 del 1988 e n. 75 del 1991; vedi anche Corte cost. n. 454 del 1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65 anno) e, di conseguenza, non esprimesse un principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. A ciò si è aggiunto che la stessa formulazione letterale, che fa menzione del solo assegno -­‐ che fino ad allora era equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge — non poteva che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti fosse rimasta assoggettata a questa
regola. Il ragionamento sin qui esposto trovava, poi, ulteriore conferma nella considerazione che, anche successivamente, la L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 (dal titolo "requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili") mantiene integra la distinzione tra le due prestazioni e dispone che dal 1 gennaio 1992 ai fini dell’accertamento, da parte del Ministero dell’Interno della condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali. Né era ravvisabile alcun vizio di costituzionalità della norma posto che la stessa Corte Costituzionale (cfr. in particolare le sent. n. 769/88, n. 75/91 già citate) ha, in più occasioni, affermato che il realizzare l’omogeneizzazione tra i livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno di soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettività, così come il por mano all’opportuno adeguamento dei livelli di prestazione appartiene alla discrezionalità del legislatore.
Ugualmente, poi, non si era possibile fare ricorso al paradigma del principio di uguaglianza quando le disposizioni della legge ordinaria, dalle quali si pretendeva di trarre il tertium comparationis, si rivelassero derogatorie rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e perciò insuscettibili di estensione ad altri casi, pena l’aggravamento, anziché l’eliminazione, dei difetti di coerenza con esso.
Sempre sul piano del sistema costituzionale era stato rilevato come l’attribuzione al reddito del coniuge (e dei vari componenti il nucleo familiare tenuti all’assistenza dell’invalido) di un rilievo preclusivo dell’intervento di sostegno a carico della collettività discendeva dal riconoscimento, nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi di solidarietà particolari, concorrenti con quello pubblico e ugualmente intesi alla tutela dell’uguaglianza e della libertà dal bisogno, in attuazione dell’art. 3 Cost., comma 2.
Né erano state ritenute in contrasto con tale interpretazione le affermazioni contenute nella motivazione di alcune sentenze della Corte costituzionale ( in particolare Corte cost n. 88 del
1992 e n. 400 del 1999 richiamate dal diverso orientamento giurisprudenziale inteso a valorizzare il solo reddito personale dell’invalido), secondo le quali gli interventi legislativi succedutisi nel tempo avrebbero equiparato le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità e per l’assegno mensile, eliminando, per entrambe, la capacità ostativa del reddito del coniuge (quale che ne fosse il livello). Si osservava infatti che si trattava di affermazioni fatte incidentalmente in sentenze riguardanti il requisito reddituale di accesso dell’ultra sessantacinquenne alla pensione sociale (ovvero all’assegno sociale prima della L. n. 335 del 1995, ex art. 3, comma 6), ossia una questione del tutto diversa da quella oggetto di esame che, d’altronde, presuppongono proprio il cumulo dei redditi, tanto da sollecitare il legislatore alla creazione (sempre per la pensione sociale) di un meccanismo differenziato in considerazione delle differenti esigenze di assistenza dell' invalido e della necessità, pertanto, di una valutazione differenziata del ragionevole punto di equilibrio circa il concorso tra la solidarietà coniugale e quella collettiva.
5-­‐ Su questo quadro normativo e giurisprudenziale si innesta il recente intervento del legislatore che con il d.l. 28 giugno 2013, n. 76, recante "Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti" all’art. 10 comma 5 ha inserito dopo il sesto comma dell’art. 14-­‐septies del decreto-­‐legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n.33, una ulteriore disposizione con la quale si specifica che «Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all’articolo 12 della legge 30 marzo
1971, n. 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte».

La nuova norma interviene a chiare lettere ed individua quindi, anche per la pensione di inabilità, nel solo reddito dell’invalido il parametro in base al quale verificare l’esistenza del diritto alla prestazione assistenziale.
La disposizione dell’art. 10 comma 5 si completa con quanto disposto al successivo comma 6 della stessa norma dove si prescrive che " La disposizione del settimo comma dell’articolo 14-­‐ septies del decreto-­‐legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai
procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5."
Così facendo il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa (da interpretarsi nei termini più sopra riportati) non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub iudice.
Quasi a ribadire il suo carattere innovativo, poi, la norma precisa che il diritto alla pensione, sulla base dei nuovi requisiti stabiliti, decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione (28.6.2013) e soggiunge che non possono essere pagati importi arretrati sulle prestazioni riconosciute precisando quindi che, ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono comunque recuperabili purché il loro riconoscimento sia intervenuto prima della data di entrata in vigore del nuovo requisito reddituale e risulti comunque rispettoso dello stesso.
6-­‐ Sebbene l’intervento del legislatore presenti qualche ambiguità, tuttavia ritiene la Corte che dallo stesso possano trarsi i seguenti principi che indirizzano sia l’attività amministrativa che quella giudiziaria, anche con riguardo ai giudizi già in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge n.76 del 2013 più volte richiamato.
Ed infatti in esito all’entrata in vigore delle citate disposizioni, dal 28 giugno 2013, si deve ritenere che:
-­‐   il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità sia condizionato oltre che dalla totale invalidità anche dal possesso di un reddito personale dell’invalido non superiore, per l’anno in corso ad € 16.127,30.
-­‐   la disposizione si applica anche alle domande amministrative presentate prima del 28 giugno 2013 ed a tutte le domande giudiziarie non ancora definite.
-­‐   ove l’Istituto, anteriormente a tale data, abbia erogato ratei di prestazione, sia in via amministrativa che in esecuzione di un provvedimento giudiziario, le somme non sono ripetibili a condizione che il reddito personale dell’invalido fosse inferiore al limite annualmente previsto.
7-­‐ In conclusione, ed in applicazione dei detti principi al caso in esame, il ricorso dell’Inps deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione che provvederà ad accertare il possesso dei requisiti reddituali nei termini sopra esposti in relazione al periodo antecedente e successivo al 28 giugno 2013. La Corte del rinvio provvederà altresì sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.