A differenza delle leggi sul collocamento obbligatorio degli invalidi di guerra, le norme sull'assunzione obbligatoria dei reduci si motivavano con l'esigenza di fornire un sostegno a soggetti di piena capacità lavorativa e quindi con normali opportunità di accedere ad un impiego. Se lo Stato interveniva in favore di questa categoria di disoccupati e non di altre, ciò avveniva, in primo luogo per rimuovere, o almeno alleviare, la gravità e drammaticità delle condizioni di bisogno in cui essi versavano e, in secondo luogo, in ragione della peculiarità della causa stessa dello stato di indegenza.
Le difficoltà che i reduci incontravano trovavano origine, come per gli invalidi di guerra, dalle drammatiche conseguenze del secondo conflitto mondiale: una tragedia collettiva che rendeva imprescindibile l'esigenza di un interessamento diretto e di un sostegno concreto da parte dei pubblici poteri. Il fatto che i collocabili godessero di piena capacità lavorativa, faceva sì che non occorresse per loro apprestare quegli accertamenti sull'idoneità al lavoro tipici delle norme a favore degli invalidi, nè di inserire nella procedura attività di organi differenti da quelli del collocamento ordinario.
Il primo provvedimento in materia fu il D.L.Lgt. 4 Agosto 1945 n. 453.
Ai reduci non era riservata una aliquota dei posti disponibili nelle aziende obbligate ma una percentuale, piuttosto elevata (50 %), delle nuove assunzioni. L'obbligo era, naturalmente temporaneo e valeva solo per i due anni successivi all'entrata in vigore del decreto (lo stesso valeva per le pp.aa.).
Per beneficiare della riserva a favore della categoria, il reduce doveva possedere l'idoneità richiesta per l'impiego (art. 3).
Il decreto legislativo luogotenenziale 14 Febbraio 1946 n.27 che seguì, subordinava il trattamento privilegiato alla condizione che il reduce fosse sprovvisto dei mezzi indispensabili per il mantenimento proprio o della famiglia con lui convivente ed adottò il metodo previsto dalle leggi sul collocamento obbligatorio di riservare ai soggetti protetti una quota del personale in servizio presso le aziende (per effetto dell'art 1 del successivo D.L.Lgt 5 Marzo 1946 n. 81 i Prefetti vennero autorizzati ad aumentare con propria ordinanza, in caso di necessità, l'aliquota delle assunzioni presso le aziende private, in relazione alle esigenze locali).
Ad occuparsi del collocamento obbligatorio dei reduci erano gli Uffici del lavoro in accordo con gli Uffici provinciali per l'assistenza postbellica ad essi il datore di lavoro poteva rivolgere richiesta nominativa.
Il decreto si preoccupava, anche, di garantire la stabilità dell'occupazione raggiunta obbligatoriamente dal reduce ed imponeva ai datori di lavoro un divieto di licenziamento dei soggetti assunti in forza delle sue disposizioni (art. 6 1° comma). Il divieto cessava trascorso un anno dall'assunzione o dalla riassunzione e non riguardava comunque i licenziamenti dovuti a giusta causa o a cessazione dell'attività dell'azienda.
Aggiungiamo che, in forza del successivo R.D.Leg. 30 Maggio 1946 n. 479, venne stabilito che, nei licenziamenti per esuberanza di personale, i reduci potessero essere inclusi solo nella misura del 50 per cento.
In seguito vennero emanate leggi di proroga dell'efficacia del D.L.Lgt. del 1946 n.27. Alcune di queste dovevano disporre retroattivamente perché emanate successivamente allo scadere dell'efficacia delle precedenti, ponendo problemi circa la sorte dei licenziamenti effettuati nel periodo intermedio. L'ultima legge in materia fu la 12 Giugno 1955 n. 511, la quale prolungò l'efficacia delle precedenti fino al 31 Dicembre 1955.
A differenza delle leggi sul collocamento obbligatorio degli invalidi di guerra, le norme sull'assunzione obbligatoria dei reduci si motivavano con l'esigenza di fornire un sostegno a soggetti di piena capacità lavorativa e quindi con normali opportunità di accedere ad un impiego. Se lo Stato interveniva in favore di questa categoria di disoccupati e non di altre, ciò avveniva, in primo luogo per rimuovere, o almeno alleviare, la gravità e drammaticità delle condizioni di bisogno in cui essi versavano e, in secondo luogo, in ragione della peculiarità della causa stessa dello stato di indegenza.
Le difficoltà che i reduci incontravano trovavano origine, come per gli invalidi di guerra, dalle drammatiche conseguenze del secondo conflitto mondiale: una tragedia collettiva che rendeva imprescindibile l'esigenza di un interessamento diretto e di un sostegno concreto da parte dei pubblici poteri. Il fatto che i collocabili godessero di piena capacità lavorativa, faceva sì che non occorresse per loro apprestare quegli accertamenti sull'idoneità al lavoro tipici delle norme a favore degli invalidi, nè di inserire nella procedura attività di organi differenti da quelli del collocamento ordinario.
Il primo provvedimento in materia fu il D.L.Lgt. 4 Agosto 1945 n. 453.
Ai reduci non era riservata una aliquota dei posti disponibili nelle aziende obbligate ma una percentuale, piuttosto elevata (50 %), delle nuove assunzioni. L'obbligo era, naturalmente temporaneo e valeva solo per i due anni successivi all'entrata in vigore del decreto (lo stesso valeva per le pp.aa.).
Per beneficiare della riserva a favore della categoria, il reduce doveva possedere l'idoneità richiesta per l'impiego (art. 3).
Il decreto legislativo luogotenenziale 14 Febbraio 1946 n.27 che seguì, subordinava il trattamento privilegiato alla condizione che il reduce fosse sprovvisto dei mezzi indispensabili per il mantenimento proprio o della famiglia con lui convivente ed adottò il metodo previsto dalle leggi sul collocamento obbligatorio di riservare ai soggetti protetti una quota del personale in servizio presso le aziende (per effetto dell'art 1 del successivo D.L.Lgt 5 Marzo 1946 n. 81 i Prefetti vennero autorizzati ad aumentare con propria ordinanza, in caso di necessità, l'aliquota delle assunzioni presso le aziende private, in relazione alle esigenze locali).
Ad occuparsi del collocamento obbligatorio dei reduci erano gli Uffici del lavoro in accordo con gli Uffici provinciali per l'assistenza postbellica ad essi il datore di lavoro poteva rivolgere richiesta nominativa.
Il decreto si preoccupava, anche, di garantire la stabilità dell'occupazione raggiunta obbligatoriamente dal reduce ed imponeva ai datori di lavoro un divieto di licenziamento dei soggetti assunti in forza delle sue disposizioni (art. 6 1° comma). Il divieto cessava trascorso un anno dall'assunzione o dalla riassunzione e non riguardava comunque i licenziamenti dovuti a giusta causa o a cessazione dell'attività dell'azienda.
Aggiungiamo che, in forza del successivo R.D.Leg. 30 Maggio 1946 n. 479, venne stabilito che, nei licenziamenti per esuberanza di personale, i reduci potessero essere inclusi solo nella misura del 50 per cento.
In seguito vennero emanate leggi di proroga dell'efficacia del D.L.Lgt. del 1946 n.27. Alcune di queste dovevano disporre retroattivamente perché emanate successivamente allo scadere dell'efficacia delle precedenti, ponendo problemi circa la sorte dei licenziamenti effettuati nel periodo intermedio. L'ultima legge in materia fu la 12 Giugno 1955 n. 511, la quale prolungò l'efficacia delle precedenti fino al 31 Dicembre 1955.