La speciale tutela nell'accesso al mondo del lavoro che il legislatore accordò alla categoria degli orfani di guerra ricalcava, in larga misura, quella concessa alla categoria dei mutilati ed invalidi di guerra.
Quel dovere di solidarietà e quel riconoscimento del debito da parte della nazione, che aveva a suo tempo giustificato l'intervento del legislatore a favore di coloro che per la patria si erano sacrificati, veniva ora riconosciuto ed esteso ai loro familiari. Le leggi sulla categoria in esame si basavano quindi su motivi che esulavano da quelli strettamente di assistenza cui all'art. 38 della Costituzione.
La L. 26 luglio 1929 n. 1397 istituiva l'Opera nazionale per gli orfani di guerra. Ad essa fece seguito il regolamento per l'esecuzione approvato con il Regio decreto del 13 novembre 1930 n. 1642.
La condizione di orfano di guerra risultava dall'iscrizione nei registri tenuti presso i Comitati provinciali dell'Opera. Presso i Comitati provinciali erano altresì formati dei ruoli speciali finalizzati al collocamento obbligatorio (art. 63).
Per quanto riguardava l'obbligo del collocamento a carico dei privati imprenditori, questo risultava concepito come sussidiario rispetto a quello istituito a favore degli invalidi di guerra: allorquando si fossero trovati nell'impossibilità di assumere invalidi di guerra nel numero prescritto dalla legge del 1921 n. 1312, i privati datori di lavoro erano tenuti a compensare la differenza mediante assunzione di orfani di guerra (art. 58). Questa impossibilità di assunzione era automaticamente riconosciuta nel caso che il Ministro per il lavoro avesse concesso l'esonero previsto dall'art. 12 della legge del'21 n. 1312.
Naturalmente era anche plausibile che le particolari condizioni dell'azienda, tali da giustificare l'estinzione dell'obbligo di collocamento di personale invalido di guerra, fossero idonee a giustificare un'estensione dell'esonero anche nei confronti dell'obbligo di assunzione di orfani di guerra (art. 59) (la concessione dell'esonero era, però, limitata ai casi di eccezionale comprovata necessità).
L'imprenditore aveva la facoltà di occupare orfani di guerra in numero maggiore di quello prescritto (art. 60). In questo caso, se da un lato, gli assunti in esubero erano esclusi dal computo del personale valido ai fini del collocamento di invalidi di guerra, dall'altro, all'imprenditore era fatto divieto di licenziare gli invalidi di guerra già alle proprie dipendenze che fossero risultati eccedenti. Per meglio dire (di divieto vero e proprio non si può parlare tenuto conto della possibilità del licenziamento ad nutum), l'imprenditore non poteva motivare il licenziamento dell'invalido sul solo presupposto del mutamento della percentuale. Questa, infatti, rimaneva inalterata nei confronti (e a garanzia) degli invalidi già occupati obbligando il datore a rimpiazzare comunque l'invalido licenziato con un altro invalido.
La legge del 1926 n. 1397 fu in seguito abrogata e sostituita dalla legge 13 Marzo 1958 n. 365 (mentre per effetto della legge 23 Febbraio 1960 n. 92 la qualifica di orfano di guerra, per ogni effetto di legge, venne riconosciuta anche a coloro che avevano perduto la madre per fatto di guerra).
La legge del 1958 n. 365 era, comunque, in materia di collocamento obbligatorio, del tutto identica a quella del 1926 n. 1397.
La successiva legge 15 Novembre 1965 n. 1288 introdusse nuove disposizioni sull'assunzione obbligatoria presso le aziende private e la pubblica Amministrazione delle vedove e degli orfani di guerra e delle vedove e degli orfani dei caduti per causa di servizio.
Si obbligarono solo le imprese di considerevole consistenza (100 dipendenti) e si impose loro di riservare agli orfani e vedove in questione un'aliquota (1 %) dei posti esistenti.
I privati datori di lavoro potevano direttamente assumere i soggetti compresi negli speciali albi, aventi una qualifica impiegatizia o una particolare specializzazione o qualificazione, oppure in possesso degli attestati di conseguita idoneità rilasciati dalle istituzioni scolastiche o dai corsi di formazione professionale promossi o autorizzati dal Ministero del lavoro (art. 5).
Per il tramite degli organi del collocamento ordinario e delle rappresentanze dell'Opera, invece, e con richiesta numerica, dovevano essere effettuate le assunzioni dei soggetti protetti non in possesso dei citati attestati e qualifiche.
La speciale tutela nell'accesso al mondo del lavoro che il legislatore accordò alla categoria degli orfani di guerra ricalcava, in larga misura, quella concessa alla categoria dei mutilati ed invalidi di guerra.
Quel dovere di solidarietà e quel riconoscimento del debito da parte della nazione, che aveva a suo tempo giustificato l'intervento del legislatore a favore di coloro che per la patria si erano sacrificati, veniva ora riconosciuto ed esteso ai loro familiari. Le leggi sulla categoria in esame si basavano quindi su motivi che esulavano da quelli strettamente di assistenza cui all'art. 38 della Costituzione.
La L. 26 luglio 1929 n. 1397 istituiva l'Opera nazionale per gli orfani di guerra. Ad essa fece seguito il regolamento per l'esecuzione approvato con il Regio decreto del 13 novembre 1930 n. 1642.
La condizione di orfano di guerra risultava dall'iscrizione nei registri tenuti presso i Comitati provinciali dell'Opera. Presso i Comitati provinciali erano altresì formati dei ruoli speciali finalizzati al collocamento obbligatorio (art. 63).
Per quanto riguardava l'obbligo del collocamento a carico dei privati imprenditori, questo risultava concepito come sussidiario rispetto a quello istituito a favore degli invalidi di guerra: allorquando si fossero trovati nell'impossibilità di assumere invalidi di guerra nel numero prescritto dalla legge del 1921 n. 1312, i privati datori di lavoro erano tenuti a compensare la differenza mediante assunzione di orfani di guerra (art. 58). Questa impossibilità di assunzione era automaticamente riconosciuta nel caso che il Ministro per il lavoro avesse concesso l'esonero previsto dall'art. 12 della legge del'21 n. 1312.
Naturalmente era anche plausibile che le particolari condizioni dell'azienda, tali da giustificare l'estinzione dell'obbligo di collocamento di personale invalido di guerra, fossero idonee a giustificare un'estensione dell'esonero anche nei confronti dell'obbligo di assunzione di orfani di guerra (art. 59) (la concessione dell'esonero era, però, limitata ai casi di eccezionale comprovata necessità).
L'imprenditore aveva la facoltà di occupare orfani di guerra in numero maggiore di quello prescritto (art. 60). In questo caso, se da un lato, gli assunti in esubero erano esclusi dal computo del personale valido ai fini del collocamento di invalidi di guerra, dall'altro, all'imprenditore era fatto divieto di licenziare gli invalidi di guerra già alle proprie dipendenze che fossero risultati eccedenti. Per meglio dire (di divieto vero e proprio non si può parlare tenuto conto della possibilità del licenziamento ad nutum), l'imprenditore non poteva motivare il licenziamento dell'invalido sul solo presupposto del mutamento della percentuale. Questa, infatti, rimaneva inalterata nei confronti (e a garanzia) degli invalidi già occupati obbligando il datore a rimpiazzare comunque l'invalido licenziato con un altro invalido.
La legge del 1926 n. 1397 fu in seguito abrogata e sostituita dalla legge 13 Marzo 1958 n. 365 (mentre per effetto della legge 23 Febbraio 1960 n. 92 la qualifica di orfano di guerra, per ogni effetto di legge, venne riconosciuta anche a coloro che avevano perduto la madre per fatto di guerra).
La legge del 1958 n. 365 era, comunque, in materia di collocamento obbligatorio, del tutto identica a quella del 1926 n. 1397.
La successiva legge 15 Novembre 1965 n. 1288 introdusse nuove disposizioni sull'assunzione obbligatoria presso le aziende private e la pubblica Amministrazione delle vedove e degli orfani di guerra e delle vedove e degli orfani dei caduti per causa di servizio.
Si obbligarono solo le imprese di considerevole consistenza (100 dipendenti) e si impose loro di riservare agli orfani e vedove in questione un'aliquota (1 %) dei posti esistenti.
I privati datori di lavoro potevano direttamente assumere i soggetti compresi negli speciali albi, aventi una qualifica impiegatizia o una particolare specializzazione o qualificazione, oppure in possesso degli attestati di conseguita idoneità rilasciati dalle istituzioni scolastiche o dai corsi di formazione professionale promossi o autorizzati dal Ministero del lavoro (art. 5).
Per il tramite degli organi del collocamento ordinario e delle rappresentanze dell'Opera, invece, e con richiesta numerica, dovevano essere effettuate le assunzioni dei soggetti protetti non in possesso dei citati attestati e qualifiche.