Ciechi

La legge 14 luglio 1957 n. 594, in armonia con le finalità di assistenza e di avviamento professionale dei minorati cui all'art. 38 della Costituzione, obbligò le pubbliche Amministrazioni, gli Enti pubblici, le aziende statali ed i privati datori di lavoro ad assumere tanti minorati della vista, abilitati alle funzioni di centralinista, quanti erano gli uffici, sedi o stabilimenti dotati di centralino telefonico di smistamento a piu' di un posto di lavoro (art. 1).
Esclusi dall'applicazione della legge erano, sia per i privati che per le pp.aa., le centrali ed i centralini destinati a pubblico servizio. Cosa dovesse intendersi con quest'ultima espressione non era molto chiaro, anche perchè intepretandola letteralmente questa sembrerebbe, paradossalmente, escludere dall'obbligo le stesse pp.aa.
Secondo alcuni la legge voleva con questa espressione riferirsi al servizio telefonico dell'Azienda di Stato e delle aziende concessionarie delle reti telefoniche, ad avviso di altri, invece, stando anche alle spiegazioni espresse durante i lavori preparatori, la legge voleva indicare i servizi a disposizione del pubblico, nei quali si svolgessero operazioni non solo particolarmente complesse ma anche delicate (quali per es. quelle svolte dalle amministrazioni militari) .
La legge non dava alcuna definizione precisa per identificare i soggetti beneficiari delle sue disposizioni e parlava indifferentemente di ciechi e di minorati della vista. Parte della dottrina giustificava tale lacuna ritenendo che l'espressione minorati della vista indicasse coloro che erano tutelati dall'Unione Nazionale Ciechi e godevano dell'assegno previsto dalla legge 9 Agosto 1954 n. 632, coloro cioè che avevano una minorazione della vista del 90% ed erano equiparati nell'assistenza al cieco integrale .
L'avviamento avveniva ad opera del Ministero del lavoro (il quale curava la formazione degli elenchi), per mezzo degli Uffici regionali e provinciali del lavoro (art. 5).
La legge prevedeva che per i privati datori di lavoro l'obbligo sarebbe scattato solo al momento delle nuove assunzioni posteriori all'entrata in vigore della legge. Si trattava, quindi, di un vero e proprio obbligo a contrarre, che sorgeva (in presenza della condizione oggettiva richiesta dalla legge all'art. 1) solo al momento delle nuove assunzioni. Questo era l'effetto di un emendamento, inserito in sede di Commissione parlamentare, motivato dal timore che l'assunzione dei ciechi potesse provocare il licenziamento del personale valido già occupato, ed in particolare di quello femminile.
In realtà procrastinando la nascita dell'obbligo al momento delle nuove assunzioni si rischiava di rendere estremamente lenta l'attuazione del collocamento auspicato dalla legge e di rendere difficile l'accertamento delle violazioni (non v'era, infatti, obbligo di informare il Ministero del lavoro riguardo le nuove assunzioni). Secondo parte della dottrina, lo slittamento del sorgere dell'obbligo al momento delle nuove assunzioni riguardava anche le pubbliche Amministrazioni .

Dalla lettera della legge doveva desumersi che il datore di lavoro non potesse avvalersi della richiesta nominativa, dovendo, invece, concludere il contratto con la persona inviata dal Ministero. Ciò risultava confermato dalla sanzione prevista all'art. 7 a carico dei datori di lavoro che si fossero rifiutati di assumere i centralinisti .
Ora, siccome la legge in esame, a differenza di altre, obbligava il datore di lavoro ad assumere il lavoratore inviatogli e non a rispettare semplicemente la percentuale (in analogia con quanto previsto dalla legge sul collocamento ordinario) si doveva, secondo l'avviso di una certa dottrina, dedurre che da essa scaturisse un vero e proprio diritto soggettivo in favore del cieco avviato, che gli dava titolo, di fronte al rifiuto del datore di lavoro, al risarcimento del danno ed alla costituzione di parte civile .
Connessa a tale questione era quella riguardante la natura e la forza dell'atto d'avviamento cui all'art. 5 della legge: vi era chi sosteneva che questo fosse idoneo a costituire per atto amministrativo il contratto fra i soggetti interessati (visto che si innestava ad un vero e proprio obbligo di assumere); altri affermavano che, tenuto anche conto dell'esistenza di un'art. 7 che puniva i datori di lavoro inadempienti all'obbligo di assunzione, l'atto di avviamento fosse, semplicemente, costitutivo di un rapporto preliminare legale, il quale faceva salva la necessità, ai fini della costituzione del rapporto di lavoro, di addivenire alla conclusione del contratto (anche con l'ausilio di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.) .

La legge del 1957 n. 594 subì delle modifiche per effetto della legge 28 Luglio 1960 n. 778 : queste riguardarono la definizione dei soggetti obbligati abrogandosi l'esclusione dall'obbligo dei centralini con un solo posto di lavoro, che la precedente legge invece prevedeva al fine di evitare l'isolamento del cieco.
I privati datori di lavoro erano obbligati ad occupare i centralinisti ciechi, nel caso avessero dovuto procedere a nuove assunzioni di centralinisti, qualora negli uffici, sedi o stabilimenti della propria azienda, disponessero di un centralino di smistamento a piu' di un posto di lavoro, od un centralino ad un solo posto di lavoro con almeno cinque linee urbane. Quest'ultima innovazione fu criticata in dottrina: si disse che prevedibilmente l'applicazione sarebbe stata problematica, perché eccessivamente gravosa per i datori di lavoro e, al tempo stesso, facilmente eludibile (sarebbe stato sufficiente ridurre le linee da 5 a 4) .

Con la legge 5 Marzo 1965 n. 155 vennero apportate modifiche alle norme sull'assunzione obbligatoria di centralinisti ciechi così come risultanti dall'innesto della L. n. 778 del 1960 sulla L. n. 594 del 1957.
Ferma restando la definizione di centralino telefonico fissata all'art. 1 della n. 594 del 1957, si dettava chiaramente quali fossero i centralini esclusi dall'obbligo di assunzione, risolvendo così i le questioni interpretative sorte in precedenza.
Siccome il 4° comma dell'art. 1 della legge n. 778 del 1960 poneva per i privati datori di lavoro l'obbligo del collocamento nel solo caso di nuove assunzioni di centralinisti, si chiariva ora come per nuove assunzioni di centralinisti dovessero considerarsi anche i trasferimenti dei lavoratori, precedentemente in servizio con diversa qualifica o mansione, che, per un motivo qualsiasi, venissero adibiti all'impianto telefonico avente funzioni di smistamento e di collegamento di cui i datori di lavoro erano dotati (art. 3). Il trasferimento, quindi, veniva considerato come tentativo di dissimulazione, in fraudem legis, di un'occasione di lavoro; la presenza, effettiva, di quest'ultima imponeva di far luogo ad un'assunzione e rendeva, così, attuale l'obbligo del datore di lavoro privato .
La legge del 1957 n. 594 indicava i soggetti beneficiari con l'espressione minorati della vista (dando luogo a non indifferenti dubbi interpretativi), la legge del 1960 n. 778 piu' chiaramente parlava dei soli privi della vista. La legge n. 155/1965 formulò, in proposito, una chiara definizione onde fugare ogni residuo equivoco (art. 2).


Con legge 21 Luglio 1961 n. 686 venne istituito un procedimento di collocamento obbligatorio in favore dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi.
L'obbligo era a carico (art. 1) degli ospedali e istituti di cura di certe dimensioni, dipendenti dalla p.a. o da privati e consisteva nell'introdurre nel personale o negli organici almeno un posto di massaggiatore o massofisioterapista, ove non fosse esistito, ed a conferire tale posto ad un massaggiatore o massofisioterapista cieco diplomato. Qualora le case di cura e gli stabilimenti termali avessero già avuto alle proprie dipendenze uno o piu' massaggiatori o massofisioterapisti diplomati, l'obbligo sarebbe sorto, nel caso di pubblico impiego, al momento della nuova assunzione disposta dopo l'entrata in vigore della legge, e nel caso di rapporto di lavoro privato, nel momento in cui, sempre successivamente all'entrata in vigore della legge, il posto così occupato fosse rimasto scoperto (art. 2).
Gli interessati alla tutela del collocamento coattivo dovevano avere conseguito l'abilitazione presso scuole riconosciute (art. 8) ed ottenere l'iscrizione in un Albo professionale nazionale, tenuto presso il Ministero del lavoro.

Marco Aquilani,