Invalidi civili

Con la legge n.1539 del 1962, concernente provvedimenti in favore dei mutilati ed invalidi civili, il legislatore volle apprestare un sistema di collocamento obbligatorio valevole per tutti quei casi di invalidità, fosse essa congenita o comunque acquisita, non coperti dalle particolari leggi che abbiamo finora esaminato. Con essa quindi si voleva dare la piu' completa attuazione agli artt. 4 e 38 della Costituzione.
Certi autori notarono come le intenzioni a base del provvedimento potessero essere frustate dall'eccessivamente ridotta percentuale di invalidità richiesta ai fini del godimento del diritto all'assunzione. Si rilevava come i benefici della legge in questione fossero invocabili anche da parte di quegli invalidi che, appartenenti a categorie considerate dalle specifiche leggi sul collocamento obbligatorio, fossero affetti da un'invalidità eccessivamente lieve ai fini di quest'ultime, ma sufficiente, invece, ai sensi della legge in esame. Sarebbe, così, successo che molti dei posti riservati dalla legge sarebbero stati, per esempio, coperti dai minimi invalidi del lavoro con capacità lavorativa ridotta di almeno di un terzo. Si rischiava, secondo questi autori, di vanificare l'estensione della tutela ai minorati non appartenenti a nessuna particolare categoria; estensione che, eppure, costituiva il fine precipuo della legge.
Probabile era altresì che molti dei posti riservati andassero a quella parte del personale, già impiegato, la cui diminuita capacità di lavoro di almeno un terzo, era la semplice conseguenza dell'età ormai avanzata. Questo se si accettava la posizione di autori i quali ritenevano che, pur nel silenzio della legge, andasse riconosciuto il principio, comune a tutte le disposizioni sulle assunzioni obbligatorie, della computabilità, ai fini del raggiungimento della percentuale prescritta, dei lavoratori già assunti ed aventi i requisiti richiesti per il trattamento privilegiato.
Altri autori ancora, notarono come, nei casi in cui era possibile la richiesta diretta del datore di lavoro, gli iscritti nei ruoli riportanti lievi invalidità sarebbero stati di gran lunga favoriti rispetto a quegli altri in condizioni piu' gravi e purtroppo maggiormente bisognosi dell'inserimento coattivo.

Nel caso di assunzione di nuovo personale, le imprese di certe dimensioni (piu' di 50 lavoratori in servizio esclusi gli apprendisti), erano tenute ad assumere un mutilato o invalido civile per ogni 10 lavoratori da assumere, fino a raggiungere la proporzione di un mutilato o invalido civile per ogni 50 dipendenti in servizio (o frazione di 50 superiore a 25).
Il ruolo relativo agli appartenenti a questa categoria (art. 6) era formato presso gli U.P.L.M.O., con la collaborazione di rappresentanti delle Associazioni nazionali mutilati ed invalidi civili.
La legge in esame istituì una procedura per il collocamento dei minorati che si inquadrava nello schema della L n. 264/1949, e che ricalcava quella stessa prevista dalla legge n. 1288 del 1965 sugli orfani e vedove di guerra ed orfani e vedove dei caduti per causa di servizio.

Tra le peculiarità della legge vi era quella della concessione ai datori di lavoro della facoltà di conteggiare, ai fini del raggiungimento della proporzione imposta dalla legge, quei mutilati ed invalidi civili che, durante il rapporto di lavoro coattivamente costituito, avessero superato il 55° anno di età o avessero conseguito un aumento della capacità lavorativa tale da renderla superiore al limite massimo per l'assunzione al lavoro.

Ai fini dell'escrizione negli elenchi, l'invalido doveva presentare tutti i documenti atti a dimostrare le attitudini professionali, sia generiche che specifiche, risultanti dai precedenti lavorativi o dagli attestati di conseguita idoneità rilasciati dalle istituzioni scolastiche o dai corsi direttamente promossi o autorizzati dal Ministero del lavoro. Tale cura all'idoneità professionale dell'invalido non era una rarità nelle leggi passate sul collocamento obbligatorio, ma, a parte i casi già esaminati dei privi della vista e dei sordomuti, essa rilevava solo per l'iscrizione negli elenchi e non influiva in maniera determinante nelle fasi successive del collocamento obbligatorio. Tale scelta del legislatore sarebbe stata confermata dalla legge generale del 2 Aprile 1968 n. 482.

Marco Aquilani,

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