Estensione del diritto al congedo di cui all’ art. 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001 a parente o affine entro il terzo grado convivente con la persona in situazione di disabilità grave (Corte Cost. sent. n. 203/2013)

Sentenza  203/2013
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente GALLO - Redattore CARTABIA
Camera di Consiglio del 05/06/2013    Decisione  del 03/07/2013
Deposito del 18/07/2013   Pubblicazione in G. U. 24/07/2013
Norme impugnate:  Art. 42, c. 5°, del decreto legislativo 26/03/2001, n. 151.
Atti decisi: ord. 5/2013

Si riporta, di seguito, il testo della ordinanza di rimessione:

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE CALABRIA – Ordinanza 07 novembre 2012
Disabile – Affine entro il terzo grado convivente – Diritto al congedo straordinario per l’assistenza – Mancata previsione – Violazione di diritto fondamentale della persona – Lesione del diritto al lavoro, del principio di uguaglianza, di tutela della famiglia, tutela della salute e tutela del lavoratore – Lesione del principio di sussidiarietà. – Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 42, comma 5. – Costituzione, artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, comma quarto.

1. Con ricorso notificato in data 29 febbraio 2012 e depositato in data 21 marzo 2012 F. U., assistente capo di Polizia penitenziaria, in servizio presso la Casa circondariale di Palmi, impugnava sia il provvedimento prot. n. 652 del 19 gennaio 2012 di rigetto dell’istanza del 25 ottobre 2011, con la quale aveva chiesto di essere trasferito ai sensi della legge n. 104/1992 per poter assistere il proprio zio e protutore A. S., che il decreto n. 2/2012 con il quale in data 3 febbraio 2012 l’Ufficio dell’organizzazione, delle relazioni, del personale e della formazione del Ministero della giustizia aveva annullato ex tunc i provvedimenti n. 64/2011 e n. 92/2011, rispettivamente del 21 giugno 2011 e 9 agosto 2011, con i quali il ricorrente era stato collocato in congedo straordinario per assistenza a disabile in situazione di gravità per un totale di centoventi giorni (decorrenti rispettivamente dal 1° luglio 2011 per giorni sessanta e dal 30 agosto 2011 per ulteriori giorni sessanta).

Con lo stesso decreto n. 2/2012 era stata disposta nei confronti del F. la contestuale decadenza da ogni trattamento economico.

La domanda di annullamento del provvedimento prot. n. 652 del 19 gennaio 2012 è stata definita con sentenza parziale.

Quanto alla restante parte del gravame, a sostegno del decreto n. 2/2012 il Direttore dell’ufficio evidenziava che, a seguito del riesame della documentazione prodotta dal dipendente, era emerso che il congiunto S. A. al quale era fornita l’assistenza, non era il padre, come dichiarato dallo stesso F. nella domanda di congedo, ma lo zio materno, nominato protutore con decreto del giudice tutelare del 5 settembre 1985, quando il dipendente era minorenne. Rilevava, dunque, sia la non veridicità del contenuto della dichiarazione resa dall’interessato che la circostanza che lo zio non rientrava nel novero dei congiunti disabili per i quali l’art. 42, comma 5, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevede il beneficio del congedo straordinario a favore del lavoratore che con lui convive.

2. Avverso il predetto annullamento in autotutela insorgeva il dipendente, denunciandone l’illegittimità per errore di fatto, travisamento, eccesso di potere, difetto di motivazione, disparità di trattamento e manifesta ingiustizia.

Evidenziava il ricorrente di aver perso il padre nel 1977, quando aveva solo quattro anni, e di aver conosciuto come unico padre il sig. S., marito della sorella della propria madre. Aggiungeva che poi, all’età di dodici anni, allorché era rimasto orfano anche della madre, la zia (poi deceduta, nel 1990) e lo zio erano stati nominati rispettivamente tutore e protutore, suo e di sua sorella, e che da allora gli zii avevano provveduto al mantenimento dei due nipoti, facendoli vivere nella loro casa (vd. certificazioni di famiglia in atti). Poi, dopo l’aggravarsi delle condizioni fisiche e l’accertamento della situazione di handicap, il sig. S. era andato a risiedere (nuovamente) col F. (nel frattempo coniugato con prole), nella sua abitazione di San Vito dei Normanni (Brindisi), anche per intervenute difficoltà nel rapporto con la nipote, con la quale aveva fino a quel momento vissuto.

Sulla base di tali circostanze di fatto egli sosteneva di non aver inteso dichiarare il falso, quanto piuttosto di aver utilizzato l’appellativo di «padre» e non di «zio» per un’abitudine basata su un reale e solido legame affettivo. D’altronde la diversità dei cognomi rendeva chiara la circostanza che l’ascendenza non fosse diretta e, quindi, non poteva esserci alcun intento di indurre in errore l’amministrazione.

Quanto al novero dei soggetti che possono usufruire del congedo straordinario, rilevava il ricorrente che la particolare figura di zio – padre, qui destinatario dell’assistenza, potrebbe farsi rientrare nell’ambito dei soggetti già individuati dall’art. 42, nel testo che risulta a seguito dei plurimi interventi additivi della Corte costituzionale. Peraltro, come segnalato dai servizi sociali nella relazione prot. n. 933/SS del 19 settembre 2011, egli «risulta essere l’unico referente familiare in grado di poter farsi carico dell’assistenza all’anziano zio». In subordine, eccepiva l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, per violazione degli articoli 2, 3, 29 e 32 Cost.

3. Premesso che gli elementi evidenziati in ricorso inducono a propendere non per un falso, ma per un involontario errore materiale, indotto dalle particolari vicissitudini di vita del e (perdita del padre in tenerissima in età cd instaurazione di un rapporto filiale e di convivenza con la famiglia dello zio), il Tribunale ritiene che non meriti adesione la tesi del ricorrente, secondo cui dovrebbe essere accolta un’interpretazione estensiva della disposizione richiamata, tale da ricomprendere tra i soggetti che possono fruire del beneficio in questione, in assenza dei parenti o affini espressamente inclusi nel testo del citato comma 5, anche i nipoti conviventi (nella specie, affini di terzo grado in via collaterale).

Trattandosi, infatti, di un beneficio, che, seppure strettamente funzionale alla tutela della salute e della famiglia, determina una deroga rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro, le ipotesi contemplate dalla legge (incluse quelle riconosciute con pronunce additive dalla Corte costituzionale) devono considerarsi tassative, con la conseguenza che non si può *sic et simpliciter, attraverso una mera interpretazione estensiva, ammettere detto beneficio nei confronti di un ulteriore soggetto non previsto ex

lege.

4. Tuttavia ritiene il Collegio che sussistono i presupposti per dubitare della legittimità costituzionale della norma in esame.

4.1. Segnatamente, si ravvisa la rilevanza, per il presente giudizio, della questione di legittimità costituzionale della disposizione di cui si lamenta la violazione, ossia dell’art. 42, comma 5, decreto legislativo n. 26 marzo 2001, n. 151, in quanto, come sopra rimarcato, la pretesa azionata dal ricorrente non può che essere esaminata in riferimento alla disposizione censurata che, così come è formulata e stante l’impossibilità di attribuirle un significato diverso e più lato, non gli consentirebbe di conseguire (rectius mantenere) il congedo parentale retribuito, espressamente previsto solo per il genitore, il fratello, il figlio ed il coniuge convivente, laddove il provvedimento impugnato si regge proprio sulla mancata inclusione del nipote (affine di terzo grado in via collaterale) nel novero dei lavoratori legittimati.

Occorre sin da subito precisare che la norma applicata al allorché sono stati accordati i periodi di congedo è formalmente diversa da quella in vigore al momento dell’adozione del provvedimento impugnato.

Con decreto legislativo n. 18 luglio 2011, n. 119 (nella Gazzetta Ufficiale 27 luglio 2011, n. 173) il comma 5 dell’art. 42, decreto legislativo n. 26 marzo 2001, n. 151, è stato, infatti, modificato e sono stati inseriti i commi 5-bis, ter, quater e quinquies.

A seguito di tali modifiche, il testo attuale del comma 5 è il seguente: «Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi».

Tuttavia, con riguardo ai soggetti legittimati a richiedere il congedo non sono state introdotte modificazioni rilevanti, essendosi il legislatore delegato limitato a recepire, riordinandoli, gli interventi additivi della Corte costituzionale sull’originario comma 5.

In presenza di tale quadro normativo, il ricorso, allo stato, dovrebbe essere rigettato, dal che consegue la rilevanza della prospettata questione di costituzionalità.

4.2. Ad avviso di questo giudice, sussiste, altresì, la non manifesta infondatezza della questione, in relazione agli articoli 2, 3, 4, 29, 32 e 35 Cost.

Come già riconosciuto dalla Corte costituzionale nella prima sentenza additiva sull’art. 42, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, «la tutela della salute psico-fisica del disabile, costituente la finalità perseguita dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), che la norma in esame concorre ad attuare, postula anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie, il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap. Tra tali interventi si inscrive il diritto al congedo straordinario in questione, il quale tuttavia rimane privo di concreta attuazione proprio in situazioni che necessitano di un più incisivo e adeguato sostegno» (Corte costituzionale, 16 giugno 2005, n. 233), come quella in cui il disabile non può contare sull’assistenza dei parenti più prossimi.

Ancora più incisiva la lettura fornita nel 2007 dalla Corte che, riprendendo il precedente intervento correttivo, ha sottolineato che «il congedo straordinario retribuito si iscrive negli interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico dell’assistenza della persona diversamente abile, evidenziando il rapporto di stretta c diretta correlazione di detto istituto con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, ed in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona handicappata e di promozione della sua integrazione nella famiglia. Risulta, pertanto, evidente che l’interesse primario cui è preposta la norma in questione – ancorché sistematicamente collocata nell’ambito di un corpo normativo in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità – è quello di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito» (Corte costituzionale, 8 maggio 2007, n. 158).

Da ultimo, la Corte, nel correggere ulteriormente il contenuto della disposizione, ha ribadito che la ratio dell’istituto «consiste essenzialmente nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza, al fine di evitare lacune nella tutela della salute psico-fisica dello stesso, e ciò a prescindere dall’età e dalla condizione di figlio di quest’ultimo» (Corte costituzionale, 30 gennaio 2009, n. 19).

5. Tuttavia, la norma censurata, che pure ha sempre riconosciuto e valorizzato il ruolo sociale della famiglia, quale momento di collegamento fra la comunità più ampia e l’individuo, che così può mantenere e sviluppare la propria personalità, omette di considerare, in violazione degli articoli 2, 3, 29 e 32 Cost., altre situazioni che impediscono l’effettività dell’assistenza e dell’integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze solidaristiche che l’istituto in questione è deputato a soddisfare.

5.1. In particolare, l’art. 32 Cost. fa assurgere il diritto alla salute, di cui si assume la tutela, a fondamentale diritto dell’individuo.

Detta tutela va intesa anche in senso propositivo ed attivo, quale approntamento di tutti gli strumenti possibili per consentire che la salute sia effettivamente protetta, sia a livello preventivo, per impedire che la stessa ne sia pregiudicata, sia in via successiva, quando sono insorte malattie, per rendere possibili le relative cure e l’assistenza più opportuna.

Quest’ultima, che nella specie assume puntuale rilievo, espressione dell’inderogabile dovere solidaristico scaturente dall’art. 2 Cost., costituisce un’importante forma di protezione e tutela, la quale deve essere garantita in modo diretto e, per quanto qui interessa, altresì in via indiretta, attraverso la rimozione degli ostacoli che altrimenti vi si frapporrebbero.

In tale ottica si muove proprio la disposizione primaria in esame che, mediante la concessione del congedo retribuito, rende possibile l’assistenza di persone affette da handicap gravi, debitamente accertati e certificati, da parte di altre, legate da un vincolo familiare, specificamente e tassativamente individuate, che svolgano attività lavorativa e che, in assenza dei congedi, non potrebbero invece provvedervi.

5.2. L’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia, la cui rilevanza è pure di livello costituzionale, essendone riconosciuti i relativi diritti dall’art. 29 Cost., quale «società naturale».

nfatti, i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela o coniugati con la persona affetta da patologia grave ed inoltre tale assistenza permette al soggetto bisognoso di cure ed assistenza la sua più piena e duratura integrazione nell’ambito del nucleo familiare.

Dalla lettura combinata degli articoli 2, 29 e 32 Cost., ora passati in rassegna, emerge una legittimazione della famiglia nel suo insieme a divenire strumento di assistenza del disabile, legittimazione che deriva tanto dal dovere di solidarietà, che vincola comunitariamente ogni congiunto, quanto dal corrispondente diritto del singolo di provvedere all’assistenza materiale e morale degli altri membri, ed in particolare di quelli più deboli e non autosufficienti, secondo le proprie infungibili capacità.

L’art. 42, comma 5, decreto legislativo n. n. 151 del 2001, delimitando in modo rigido la sfera soggettiva d’intervento a favore del componente debole della famiglia, appare in contrasto con i menzionati articoli della Costituzione.

Esso, infatti, include attualmente nel novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito solo il coniuge, i genitori, il fratello ed il figlio convivente, ma non tiene conto di situazioni più variegate, nelle quali è pur sempre presente tanto la convivenza quanto un significativo vincolo familiare, dipendente da rapporti di grado meno intenso, come nel caso dell’affine di terzo grado in linea collaterale, situazioni ugualmente espressive di un legame atto a garantire al disabile l’assistenza di cui necessita ed a rinsaldare la funzione protettiva della famiglia nei confronti dell’individuo che vi appartiene.

5.3. Sussiste, inoltre, ad avviso del Collegio, la violazione dell’art. 118, comma 4, Cost.

La disposizione, espressione del principio di sussidiarietà orizzontale, aspira a potenziare il ruolo e l’attività dei sodalizi sociali, tra cui può senz’altro includersi la famiglia, che in presenza di determinate condizioni ed esigenze concrete, deve

operare, quale corpo intermedio, tra lo Stato e l’individuo.

Una lettura combinata dell’art. 29 con l’art. 118, comma 4, Cost., di più recente formulazione, deve indurre a valorizzare la famiglia non più soltanto in sé, come gruppo ristretto e isolatamente considerato (c.d. famiglia nucleare), ma come nucleo sociale, che si relaziona all’esterno, anche con le istituzioni pubbliche, e diviene strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale.

L’attuale stesura dell’art. 42, comma 5, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, fissando in modo rigoroso e restrittivo i soggetti lavoratori che possono fruire del congedo straordinario, frustra la prospettiva sussidiaria e dinamica, nella quale, con la modifica del Titolo V della Carta, si è andata inserendo a pieno titolo anche la famiglia.

5.4. Appaiono, altresì, violati, ad avviso del Tribunale, gli articoli 4 e 35 Cost., in quanto il congiunto del soggetto disabile, per poter garantire cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, che sia maggiormente compatibile.

5.5. Di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria, in violazione dell’art. 3 Cost.

6. Per completezza, va ricordato che analoghi rilievi erano stati svolti dal Tribunale di Palermo con ordinanza 30 maggio 2008 in un caso assai simile, ove si cumulava un rapporto di affinità con un rapporto parafamiliare (si trattava di rapporto di affinità di terzo grado in via diretta ed il lavoratore era anche il tutore del minore disabile), ma la questione è stata dichiarata dalla Corte manifestamente inammissibile, perché prospettata con un petitum indeterminato e con la formulazione di questioni in termini di alternativa irrisolta e, dunque, in forma ancipite, senza operare una scelta tra le due soluzioni prospettate (Corte costituzionale, 2 aprile 2009, n. 98).

7. In conclusione il Tribunale ritiene che la norma vada emendata con la previsione di un principio, di chiusura, operante in via residuale, per il quale, in mancanza dei parenti e degli affini già annoverati nel testo, si consenta ad altro parente o affine convivente di fruire del congedo straordinario.

In via subordinata, si solleva la questione di costituzionalità limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli affini di terzo grado conviventi (ai quali peraltro è, invece, consentito fruire dei permessi ex art. 33, legge n. 104/1992).

Ciò premesso, questo Tribunale sospende il presente giudizio e solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, decreto legislativo n. 26 marzo 2001, n. 151, per violazione degli articoli 2, 3, 29, 32, 118, comma 4, nonché 4 e 35 della Costituzione, nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario; solo in via subordinata, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria;

Visto l’art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, per violazione degli aricoli 2, 3, 29, 32, 118, comma 4, nonché 4 e 35 della Costituzione, dispone la ospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Rinvia ogni definitiva statuizione nel merito e sulle spese di lite all’esito del promosso giudizio incidentale.

Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 30 gennaio 2013, n. 5.

Marco Aquilani, 18.11.2013

Il testo dell'atto

Corte Costituzionale, Sentenza 18 luglio 2013, n. 203

Corte Costituzionale, Sentenza 18 luglio 2013, n. 203

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Disabile - Congedo per la cura e l'assistenza di persona in situazione di disabilita' grave - Soggetti legittimati alla fruizione del beneficio - Mancata previsione che, in assenza di altri soggetti idonei, sia legittimato altro parente o affine convivente - Petitum volto ad estendere la fruibilita' del congedo straordinario ad una platea indefinita di soggetti - Richiesta di intervento additivo in assenza di una soluzione costituzionalmente necessitata - Inammissibilita' della questione. - Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 42, comma 5. - Costituzione, artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma. Disabile - Congedo per la cura e l'assistenza di persona in situazione di disabilita' grave - Soggetti legittimati alla fruizione del beneficio - Mancata inclusione del parente o dell'affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o patologia invalidante dei soggetti individuati dalla disposizione impugnata - Violazione degli inderogabili doveri di solidarieta', del diritto alla salute, della tutela della famiglia, e del ruolo privilegiato della famiglia nell'attuazione di interessi generali legati all'assistenza e al benessere della persona - Illegittimita' costituzionale in parte qua - Assorbimento degli ulteriori motivi di censura. - Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 42, comma 5. - Costituzione, artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma (artt. 4 e 35).

(Pubblicazione in G. U. 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n.30 del 24.7.2013)

SENTENZA N. 203
ANNO 2013


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nel procedimento vertente tra F.U. e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 7 novembre 2012, iscritta al n. 5 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 7 novembre 2012, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
L’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» prevede, nel testo in vigore, che: «Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi».
Ad avviso del Tribunale rimettente, la norma contrasterebbe con i citati parametri costituzionali «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario; solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata».
1.1.– Il giudizio principale ha a oggetto il ricorso promosso da F.U., assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Palmi, contro due decreti del Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Direzione generale del personale e della formazione.
Con il primo decreto l’amministrazione ha rigettato l’istanza di trasferimento, presentata da F.U., ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), per poter assistere il proprio zio materno S.A., nominato nel 1985 protutore e fattosi carico del mantenimento del ricorrente, rimasto orfano, con lui convivente. La domanda di annullamento di questo primo decreto è stata definita con sentenza parziale.
Con il secondo decreto l’ufficio dell’organizzazione delle relazioni del personale e della formazione del Ministero della giustizia aveva annullato ex tunc due provvedimenti con i quali il ricorrente era stato collocato in congedo straordinario per assistenza a disabile in situazione di gravità per un totale di 120 giorni. Con lo stesso decreto era stata disposta nei confronti del sig. F.U. la contestuale decadenza da ogni trattamento economico.
L’istanza è stata rigettata, afferma il TAR, innanzitutto, per il fatto che S.A. non era il padre, come affermato dal ricorrente, ma il marito della sorella della madre; in secondo luogo, poiché S.A., essendosi rivelato lo zio, non rientrava nel novero dei congiunti disabili, per i quali l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 prevede il beneficio del congedo straordinario a favore del lavoratore che con lui convive.
Il sig. F.U. afferma di aver utilizzato l’appellativo di padre e non di zio per un’abitudine basata su un legame affettivo rafforzato dalle particolari vicende della sua vita, e comunque sottolinea che la diversità dei cognomi escludeva ogni possibilità di equivoco per l’amministrazione. Ciò premesso sostiene che la particolare posizione di S.A. potrebbe farsi rientrare nell’ambito dei soggetti individuati dall’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001, tenuto conto anche del fatto che nessun altro familiare può farsi carico dell’assistenza dello zio. In subordine, il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 per violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.
2.– Il Tribunale rimettente, premesso che gli elementi evidenziati nel ricorso inducono a ritenere che vi sia stato un involontario errore materiale, indotto dalle particolari vicissitudini della sua vita, non aderisce alla proposta del ricorrente secondo cui dovrebbe essere accolta un’interpretazione estensiva della disposizione richiamata, in modo da ricomprendere, tra i soggetti che possono fruire del beneficio, in assenza di parenti o affini espressamente inclusi nel comma 5 dell’art. 42, anche i nipoti conviventi. Tale beneficio, infatti, determinerebbe una deroga rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro, cosicché le ipotesi di congedo straordinario retribuito contemplate dalla legge sarebbero da considerarsi tassative.
Esclusa la possibilità di una interpretazione estensiva, capace di portare all’ammissione di detto beneficio a favore di un ulteriore soggetto non previsto ex lege, il Tribunale ritiene che sussistano i presupposti per dubitare della legittimità costituzionale della norma in esame.
2.1.– Il giudice a quo ravvisa la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in quanto la pretesa azionata dal ricorrente deve essere esaminata necessariamente in riferimento alla disposizione censurata che – così come formulata e stante l’impossibilità di attribuirle un significato diverso e più ampio – non gli consentirebbe di mantenere il congedo parentale retribuito, espressamente previsto solo per coniuge, genitore, figlio, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, laddove il provvedimento impugnato si regge proprio sulla mancata inclusione del nipote (affine di terzo grado in via collaterale) nel novero dei lavoratori legittimati.
Il TAR precisa, inoltre, che il testo dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 nella sua formulazione attuale non contiene, con riguardo ai soggetti legittimati a chiedere il congedo, previsioni rilevanti in relazione alla posizione del ricorrente nemmeno in seguito all’inserimento, tramite il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), dei commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies, finalizzati a recepire gli interventi additivi della Corte costituzionale.
Alla luce di tale quadro normativo, il giudice a quo ritiene che il ricorso dovrebbe essere rigettato, conseguendone la rilevanza della prospettata questione di costituzionalità.
2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente osserva che la disposizione impugnata viola gli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, Cost.
Il TAR ricorda che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 233 del 2005, n. 158 del 2007 e n. 19 del 2009, ha esteso il novero dei soggetti legittimati al beneficio, sottolineando che la ratio dell’istituto in esame consiste essenzialmente nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza.
3.– Alla luce di tali premesse, secondo il giudice, l’esclusione del nipote convivente del disabile dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi dello stesso, contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa, una volta che siano insorte malattie, come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le relative cure e l’assistenza più opportuna.
In secondo luogo, sempre ad avviso del giudice a quo, detta esclusione violerebbe l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’adempimento dei medesimi, nonché, in terzo luogo, l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, tale assistenza permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione nell’ambito del nucleo familiare. A parere del giudice rimettente, dalla lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost. emergerebbe una legittimazione della famiglia nel suo insieme a divenire strumento di assistenza del disabile.
In quarto luogo, secondo il TAR, sussiste anche la violazione dell’art. 118, quarto comma, Cost., inteso come espressione del principio di sussidiarietà orizzontale. Una lettura combinata degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. indurrebbe, infatti, a valorizzare la famiglia anche come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». In quest’ottica l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fissando in modo rigoroso e restrittivo i soggetti lavoratori che possono fruire del congedo straordinario, frustrerebbe quella prospettiva sussidiaria e dinamica nella quale, a parere del giudice a quo, si è andata inserendo a pieno titolo anche la famiglia.
In quinto luogo, appaiono violati anche gli articoli 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità.
Infine, il TAR rileva anche la violazione dell’art. 3 Cost., poiché «di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria».
4.– In conclusione, il Tribunale ritiene che il rispetto dei medesimi principi costituzionali esige che la norma sia emendata con una previsione di chiusura, operante in via residuale, tale che, in mancanza dei parenti e degli affini già annoverati nel testo normativo, si consenta ad altro parente o affine convivente di fruire del congedo straordinario. In via subordinata, solleva la questione di legittimità costituzionale limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli affini di terzo grado conviventi (ai quali peraltro è consentito fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992).
5.– Il Presidente del Consiglio dei Ministri non è intervenuto in giudizio.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», ovvero, solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona» in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le cure e l’assistenza più opportuna; con l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’esercizio dei medesimi; con l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, l’assistenza prestata da parenti e affini conviventi permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione in ambito familiare. A parere del giudice a quo, in virtù di una lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost., la famiglia costituirebbe un ambito privilegiato di assistenza del disabile, anche alla luce del combinato disposto degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. in base al quale andrebbe valorizzata la famiglia intesa come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». La norma in questione contrasterebbe anche con gli artt. 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire a quest’ultimo cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità; infine, sarebbe leso anche l’art. 3 Cost., poiché di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria.
2.– Il TAR rimettente sottopone all’esame di questa Corte una richiesta di pronuncia additiva, volta a colmare una lacuna nella legislazione, ritenuta contraria ai principi costituzionali invocati. Due sono le questioni prospettate, in via gradata, dal giudice a quo.
2.1.– La prima mira ad una declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario».
Tale questione non può essere considerata ammissibile, in ragione del fatto che esigerebbe dalla Corte una pronuncia volta ad introdurre nella disposizione impugnata una previsione di chiusura, di contenuto ampio e indeterminato, in quanto mirante ad estendere la fruibilità del congedo straordinario ad una platea indefinita di soggetti.
La questione va dichiarata, pertanto, inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di evidenziare in altri giudizi analoghi per oggetto, una tale questione, oltre ad eccedere dai limiti della rilevanza nel caso di specie, avrebbe un petitum indeterminato e chiederebbe alla Corte un intervento additivo, in assenza di una soluzione costituzionalmente necessitata (sentenza n. 251 del 2008 su oggetto diverso, ex plurimis, sentenze n. 301 e n. 134 del 2012, n. 16 del 2011, n. 271 del 2010, ordinanze n. 138 e n. 113 del 2012).
2.2.– La seconda questione, avente ad oggetto il medesimo art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, è fondata.
3.– Per un adeguato inquadramento della questione sollevata, occorre, preliminarmente, ricostruire la ratio legis dell’istituto del congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende normative e giurisprudenziali che lo hanno caratterizzato.
3.1.– Il congedo straordinario oggi all’esame di questa Corte costituisce uno sviluppo o, meglio, una gemmazione di analoga provvidenza, originariamente prevista dall’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città). La suddetta disposizione, al comma 2, ha riconosciuto per la prima volta ai lavoratori dipendenti pubblici e privati la possibilità chiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, durante il quale il dipendente conserva il posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione. Detta previsione è tuttora in vigore.
Successivamente, l’art. 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), ha aggiunto all’art. 4 della legge n. 53 del 2000 il comma 4-bis in base al quale i genitori, anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, hanno diritto a fruire del congedo previsto all’art. 4, comma 2, percependo un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione.
In tal modo, dalla previsione generale del congedo straordinario non retribuito, per gravi motivi familiari, di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000, è derivato un analogo, ma autonomo, congedo per l’assistenza a persone in situazione di handicap grave, assistito dal diritto di percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, nonché coperto da contribuzione figurativa e fruibile alternativamente da parte dei genitori (anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, da uno dei fratelli o delle sorelle conviventi) lavoratori, dipendenti pubblici o privati, i cui figli si trovassero in situazione di disabilità grave da almeno cinque anni, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).
A seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001, l’istituto del congedo straordinario fu inserito al comma 5 dell’art. 42, rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» e, con la modifica operata dall’art. 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), il beneficio fu riconosciuto a prescindere dal presupposto della permanenza da almeno cinque anni della situazione di disabilità grave.
3.2.– Giova ancora ricordare che il congedo straordinario per l’assistenza a persone portatrici di handicap grave, così come si è venuto configurando a seguito dei ripetuti interventi del legislatore fin qui ricordati, è stato più volte portato all’esame di questa Corte che, con successive pronunce, ha progressivamente ampliato il novero dei soggetti aventi diritto al beneficio.
Ad un primo vaglio della problematica, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave di fruire del congedo straordinario ivi indicato, nell’ipotesi in cui i genitori fossero impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio affetto da handicap, perché totalmente inabili (sentenza n. 233 del 2005).
In una seconda occasione, è stata poi dichiarata l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui non includeva, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti già indicati dalla norma, il coniuge convivente della persona in situazione di disabilità grave (sentenza n. 158 del 2007).
Da ultimo, l’illegittimità costituzionale ha colpito la medesima disposizione nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti beneficiari il figlio convivente, anche qualora questi fosse l’unico soggetto in grado di provvedere all’assistenza della persona affetta da handicap grave (sentenza n. 19 del 2009).
3.3.– Successivamente alle ricordate decisioni della Corte costituzionale, il legislatore è intervenuto nuovamente nella materia dei congedi spettanti per l’assistenza a persone con disabilità grave, in sede di attuazione della delega contenuta nell’art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro). Tale delega è stata attuata dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), in particolare dagli artt. 3 e 4.
Il testo oggi in vigore dell’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 119 del 2011, ha ampliato la platea dei soggetti a cui tale diritto è riconosciuto, recependo gli interventi della giurisprudenza costituzionale succedutesi in questi anni, poco sopra ricordati, ma altresì individuando un rigido ordine gerarchico tra i possibili beneficiari, che non può essere alterato in base ad una libera scelta della persona disabile.
Va ricordato che il d.lgs. n. 119 del 2011 ha inciso anche sugli istituti indiretti della retribuzione, che in passato erano riconosciuti anche in relazione ai periodi di fruizione del congedo, stabilendo che il periodo straordinario di congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Il legislatore ha inoltre stabilito un tetto massimo all’indennità dovuta al lavoratore e alla relativa contribuzione figurativa. D’altra parte il datore di lavoro privato detrae l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti.
In tal modo, lo Stato eroga una provvidenza sociale in forma indiretta, sostenendo gli oneri relativi al congedo straordinario retribuito, che consentono al lavoratore di farsi carico dell’assistenza di un parente disabile grave, percependo un’indennità commisurata alla retribuzione.
3.4.– Da quanto fin qui esposto, si può osservare che l’istituto dei congedi per assistere familiari portatori di handicap grave ha subito una profonda trasformazione, sotto un duplice profilo: il primo riguarda gli aspetti economici e il secondo i soggetti destinatari della norma.
Sotto il primo profilo, la disposizione impugnata, nel testo oggi in vigore, delinea un beneficio che assicura al lavoratore una entrata per tutto il periodo in cui è esonerato dall’attività lavorativa; detta indennità è commisurata all’ultima retribuzione percepita, anche se non del tutto coincidente con la stessa, entro un tetto massimo annuale e per una durata non superiore ai due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa; d’altra parte, l’onere economico non resta totalmente a carico del datore di lavoro, in particolare di quello privato, il quale a sua volta lo deduce dagli oneri previdenziali. In tal modo il legislatore ha istituito una forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 118, quarto comma, Cost. Il legislatore ha inteso, dunque, farsi carico della situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto, il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello Stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti.
Sotto il secondo profilo, il congedo straordinario di cui si discute, benché fosse originariamente concepito come strumento di tutela rafforzata della maternità in caso di figli portatori di handicap grave e sia tuttora inserito in un testo normativo dedicato alla tutela e al sostegno della maternità e della paternità (come recita il titolo del d.lgs. n. 151 del 2001), ha assunto una portata più ampia. La progressiva estensione del complesso dei soggetti aventi titolo a richiedere il congedo, operata soprattutto da questa Corte, ne ha dilatato l’ambito di applicazione oltre i rapporti genitoriali, per ricomprendere anche le relazioni tra figli e genitori disabili, e ancora, in altra direzione, i rapporti tra coniugi o tra fratelli.
Al fine di adeguare le misure di assistenza alle emergenti situazioni di bisogno e alla crescente richiesta di cura che origina, tra l’altro, dai cambiamenti demografici in atto, questa Corte ha ritenuto che il legislatore avesse illegittimamente trascurato quelle situazioni di disabilità che si possono verificare in dipendenza di eventi successivi alla nascita o in esito a malattie di natura progressiva o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo. Anche per tali situazioni, come nel caso di figli portatori di handicap, vale il principio che la cura della persona disabile in ambito familiare è in ogni caso preferibile e, ciò che più rileva, più rispondente ai principi costituzionali, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito (sentenza n. 158 del 2007).
Nella sua formulazione attuale, dunque, il congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fruibile per l’assistenza delle persone portatrici di handicap grave, costituisce uno strumento di politica socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.
3.5.– Del resto, tale evoluzione si pone in linea con i principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da tempo chiarito che la tutela della salute psico-fisica del disabile postula anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno delle famiglie «il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap» (sentenze n. 19 del 2009, n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005), tra cui rientra anche il congedo in esame.
Sottolineando l’essenziale ruolo della famiglia nell’assistenza e nella socializzazione del soggetto disabile (ex plurimis sentenza n. 233 del 2005, che si richiama a principi già affermati sin dalle sentenze n. 215 del 1987 e n. 350 del 2003), la Corte vuol mettere in rilievo che una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura, l’inserimento sociale e, soprattutto, la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana.
4.– Alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale sin qui esposta, della ratio legislativa che ne è emersa e, soprattutto, dei principi costituzionali che il congedo straordinario concorre ad attuare, consegue la fondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente – nonché, per evidenti motivi di coerenza e ragionevolezza, gli altri parenti e affini più prossimi all’assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado – in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti indicati dalla legge secondo un ordine di priorità, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.
La limitazione della sfera soggettiva attualmente vigente può infatti pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare, allorché nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di prendersi cura dello stesso. La dichiarazione di illegittimità costituzionale è volta precisamente a consentire che, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di un’adeguata tranquillità sul piano economico.
D’altra parte occorre ricordare che il congedo straordinario di cui si discute è fruibile solo per l’assistenza alle persone portatrici di handicap in situazione di gravità debitamente accertata ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104 del 1992, cioè a quelle che presentano una minorazione tale da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione».
Infine, non è superfluo rammentare che il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio nell’assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile, ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
Di conseguenza, l’ordinamento già assicura un rilievo giuridico ai legami di parentela e di affinità entro il terzo grado a determinati fini legati alla cura e all’assistenza di persone disabili gravi, qualora si verifichino alcune condizioni, che sono del tutto assimilabili a quelle stabilite dal legislatore per la fruizione del congedo straordinario retribuito di cui all’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, cioè a dire che la persona disabile sia in situazione di gravità accertata, non sia ricoverata a tempo pieno e esclusivamente in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti di parenti o affini più prossimi. Né si può comprendere perché il riconoscimento dell’apporto dei parenti e degli affini entro il terzo grado all’assistenza dei disabili gravi debba essere circoscritto ai permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104 del 1992; tale asimmetria normativa costituisce un ulteriore argomento a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’omessa menzione di tali soggetti tra quelli legittimati a richiedere il congedo straordinario disciplinato nella disposizione impugnata.
5.– Restano assorbiti gli altri motivi di censura.

Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nella parte in cui «in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», con ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.

F.to:
Franco GALLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI