Atp previdenziale: la dichiarazione per l'esenzione dal pagamento delle spese deve essere sottoscritta personalmente dalla parte.

Corte di Cassazione, Sezione VI, Ordinanza 10 settembre 2015, n. 17935

Corte di Cassazione, Sezione VI, Ordinanza 10 settembre 2015, n. 17935

Atp ex art. 445-bis c.p.c. - art. 152 disp. att. cod. proc. civ. - dichiarazione ai fini dell'esenzione dal pagamento delle spese, competenze e onorari - inefficacia della dichiarazione sottoscritta dal difensore - necessità di sottoscrizione della parte, ancorchè in foglio separato richiamato espressamente in ricorso. (Sintesi non ufficiale)

La dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell'atto introduttivo (e del ricorso per cassazione) ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., sostituito dall'art. 42, comma 11, del D.L. 269/2003, con. in L. 326/2003, deve ritenersi inefficace se non sottoscritta dalla parte, posto che a tale dichiarazione la norma annette un'assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che "l'interessato" si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito. (Massima non ufficiale)

Civile Ord. Sez. 6   Num. 17935  Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MANCINO ROSSANA
Data pubblicazione: 10/09/2015

ORDINANZA

sul ricorso 26560-2013 proposto da:
V*** C***, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO FEA 9, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI PAOLETTI, che la rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, per delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

nonché contro

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE;

- intimato -

avverso la sentenza n. 9011/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 22/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2015 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l'Avvocato MAURO RICCI che si riporta.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

  1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
  2. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 22 novembre 2012, riformando la sentenza di primo grado, dichiarava il diritto di V*** C*** all'assegno di invalidità, dal 24/9/2007 (data di iscrizione alle liste di collocamento) al 22/10/2008.
  3. Avverso tale sentenza ricorre l'assistita deducendo vizio di legge e di motivazione, per non avere la Corte territoriale fissato la decorrenza del beneficio dalla data della domanda amministrativa (dicembre 2006).
  4. L'INPS ha resistito con controricorso.
  5. Premessa l'inadeguata deduzione del vizio di motivazione, nel testo dell'art. 360, n. 5 c.p.c. applicabile ratione temporis (trattandosi di impugnazione avverso sentenza depositata dopo l' 11 settembre 2012), si osserva che la Corte d'Appello, nel ritenere l'incollocamento elemento costitutivo del diritto all'assegno d'invalidità, comprovato dall'iscrizione negli elenchi speciali, e con la conseguente decorrenza del beneficio da tale epoca, ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza consolidata di legittimità.
  6. Invero, per costante giurisprudenza di legittimità, in tema di assegno d'invalidità previsto a favore degli invalidi civili dalla L. n. 118 del 1971, i requisiti socio-economici (reddituale e dello stato di incollocazione al lavoro) rappresentano elementi costitutivi del diritto alla prestazione assistenziale, la cui prova è a carico del soggetto richiedente, non potendo qualificarsi gli stessi, quindi, come mete condizioni di erogazione del beneficio, accertabili in sede extragiudiziale (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 4067/2002; 13967/2002;14035/2002; 13046/2003; 13279/03; 13966/2003; 14696/2007;22899/2011).
  7. Alla data della presentazione della domanda amministrativa, la disciplina normativa vigente per la verifica del requisito dell'incollocamento al lavoro, non era la L. n. 247 del 2007, decorrente dal 1° gennaio 2008, ma la L. n. 68 del 1999.
  8. L'originaria disciplina di cui alla L. n. 482 del 1968, art. 19, comma 2, recitava: "La richiesta di iscrizione è presentata direttamente dagli interessati o dalle associazioni, opere, enti di cui all'art. 15, u.c., munita della necessaria documentazione concernente la sussistenza dei requisiti che, a norma delle leggi in vigore, danno titolo al collocamento obbligatorio, le attitudini lavorative e professionali del richiedente anche in relazione all'occupazione cui aspira, e per coloro che hanno menomazioni fisiche, una dichiarazione legalizzata di un ufficiale sanitario, comprovante che l'invalido, per la natura e il grado della mutilazione o invalidità, non può riuscire di pregiudizio alla salute e alla incolumità dei compagni di lavoro od alla sicurezza degli impianti".
  9. 9. Dunque, nella vigenza, in materia di collocamento degli invalidi, della L. n. 482 del 1968 non erano dettate regole sulla documentazione della relativa domanda che formalmente subordinassero l'ammissibilità della domanda stessa al previo riconoscimento del previsto grado di invalidità da parte delle apposite commissioni.
  10. 10. La normativa dettata dalla L. n. 482 del 1968 è stata modificata dalla L. n. 68 del 1999 e successivamente dalla L. n. 247 del 2007.
  11. La disciplina vigente al momento dell'insorgenza dello stato invalidante e della presentazione della domanda amministrativa è quella dettata dalla L. n. 68 del 1999, vigente fino al 1° gennaio 2008.
  12. Questa, all'art. 1, comma 1, prevedeva che la legge si applicasse alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, "accertata" dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi del D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 2, dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità.
  13. Il quarto comma dello stesso articolo precisava che "L'accertamento delle condizioni di disabilità di cui al presente articolo, che danno diritto di accedere al sistema per l'inserimento lavorativo dei disabili, è effettuato dalle commissioni di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 4 secondo i criteri indicali nell'atto di indirizzo e coordinamento emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri (...)". Infine l'art. 8, comma 1, con specifico riferimento all'avviamento al lavoro, e all'iscrizione nei relativi elenchi, faceva riferimento alle "persone di cui all'art. 1, comma 1".
  14. In questo quadro, l'esperimento del procedimento per l'accertamento dell'invalidità da parte delle apposite commissioni è propedeutico all'iscrizione negli elenchi degli invalidi aspiranti al collocamento agevolato e in tal senso si sono espresse le sentenze di questa Corte n. 9502 del 2012 e n. 19833 del 2013 e, più di recente, Cass. sez.sesta L. Cass. 17508/2014.
  15. Secondo Cass. n. 9502 del 2012, in tema di assegno mensile di invalidità civile, il requisito della "incollocazione al lavoro" - previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13, nello specifico contesto normativo che caratterizza il periodo di tempo tra l'entrata in vigore della L. n. 68 del 1999, e l'entrata in vigore della L. n. 247 del 2007, può dirsi sussistente qualora l'interessato, che ne ha l'onere, provi: 1) di non aver svolto attività lavorativa e 2) di aver richiesto l'accertamento di una riduzione dell'attività lavorativa, in misura tale da consentirgli l'iscrizione negli elenchi della L. 12 marzo 1999, n. 68, art. 8, da parte delle commissioni mediche competenti a tal fine. Nel caso in cui tale accertamento sia precedente rispetto alla data di decorrenza del requisito sanitario per l'invalidità (riduzione della capacità lavorativa del 74% o superiore), sarà necessaria la prova di aver ottenuto o quanto meno richiesto l'iscrizione negli elenchi di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8".
  16. Secondo Cass. a 19833 del 2013, in materia di assegno di invalidità civile, il requisito della incollocazione al lavoro, nello specifico contesto normativo che caratterizza il periodo di tempo tra l'entrata in vigore della L. 12 marzo 1999, n. 68, e l'entrata in vigore della L. 24 dicembre 2007, n. 247, può dirsi sussistente qualora l'interessato provi di non aver svolto attività lavorativa e di aver richiesto l'accertamento di una riduzione dell'attività lavorativa, in misura tale da consentirgli l'iscrizione negli elenchi di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8, da parte delle commissioni mediche competenti a tal fine. Nel caso in cui tale accertamento sia precedente rispetto alla data di decorrenza del requisito sanitario per l'invalidità (riduzione della capacità lavorativa del 74% o superiore), sarà necessaria la prova di aver ottenuto o quanto meno richiesto l'iscrizione negli elenchi di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8.
  17. Con tale ultima pronuncia si è ulteriormente precisato, in conformità a Cass. 9502/2012, che, ai fini della sussistenza del requisito dell'incollocazione al lavoro, è sufficiente la prova della richiesta (non di iscrizione negli elenchi, ma anche solo) di essere sottoposto agli accertamenti medici da parte delle commissioni previste dalla L. n. 104 del 1992, art. 4 (che, nel sistema della L. n. 68 del 1999, sono condizione necessaria per poter chiedere l'iscrizione negli elenchi).
  18. Il disabile, in tal caso, dovrà comunque fornire anche la prova di non aver lavorato in quel periodo.
  19. Tale prova, in giudizio, potrà essere data con qualsiasi mezzo, anche mediante presunzioni.
  20. L'unico limite è costituito dal fatto che non potrà essere fornita con una mera dichiarazione dell'interessato, anche se rilasciata con formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è, invece, priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 25800 del 20/12/2010).
  21. Deve poi aggiungersi che, se l'interessato propone la domanda amministrativa per ottenere l'assegno d'invalidità civile dopo che le commissioni mediche si sono già espresse dichiarandolo idoneo alla iscrizione degli elenchi, allora rimane ferma la necessità della prova di aver richiesto l'iscrizione negli elenchi.
  22. Parimenti rimane ferma la necessità di tale prova nel caso in cui il requisito sanitario della invalidità del 74% o superiore venga accertato in giudizio con decorrenza (differita) successiva all'accertamento delle commissioni ex L. n. 104 del 1992.
  23. Anche in questo caso l'interessato dovrà dimostrare che, ricevuto tale accertamento positivo, si è attivato per ottenere l'iscrizione negli elenchi (in tal senso, sent.cit.).
  24. In conclusione, dalla entrata in vigore della L. n. 68 del 1999, sino a quando la L. n. 247 del 2007, ha trasformato il requisito occupazionale (da incollocazione al lavoro in mera mancanza di occupazione), il disabile che richiede l'assegno d'invalidità civile deve provare non solo di non aver lavorato, ma anche di essersi attivato per essere avviato al lavoro nelle forme riservate ai disabili.
  25. Questa attivazione, sino a quando le commissioni mediche competenti all'accertamento delle condizioni sanitarie per l'iscrizione negli elenchi non si sono pronunciate, può essere provato dimostrando di aver richiesto detto accertamento; una volta intervenuto l'accertamento positivo, dimostrando di essere stato iscritto negli elenchi o quanto meno di aver richiesto l'iscrizione (sent. n. 19833/2013 cit.).
  26. Priva di fondamento risulta, pertanto, l'opzione interpretativa sostenuta dalla ricorrente (a suffragio della decorrenza della provvidenza dalla data della domanda amministrativa), secondo la quale lo stato di incollocazione poteva trarsi dallo stesso verbale della visita medico-collegiale impugnato (dal quale era dato evincere la condizione di casalinga) e dal modello 730/2007 del coniuge, con riferimento ai redditi per l'anno 2006, che evidenziava che, in quanto priva di redditi, risultava a totale carico del coniuge (v., inoltre, per un precedente specifico, con riferimento ad assistita casalinga e alla condizione dell'incollocamento, Cass. 18134/2014 che ha escluso il dubbio di costituzionalità prospettato, in riferimento agli artt. 2, 3, comma 2, 31, comma 1, 32 Cost., in relazione alla diverse condizioni dell'incollocamento per la casalinga e per lo studente maggiorenne invalido parziale).
  27. In definitiva il ricorso va rigettato.
  28. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, non sussistendo le condizioni previste dall'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per l'esonero dal pagamento delle spese.
  29. Né la parte, nel ricorso per cassazione, allega, secondo il principio di autosufficienza, di aver diritto - ex art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo risultante dalla modifica apportata dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326) - all'esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali e, quindi, di aver assolto all'onere autocerfificativo, imposto al ricorrente con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, in adempimento di quanto previsto dal citato art. 152 secondo cui: "L'interessato che, con riferimento all'anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell'atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell'anno precedente".
  30. Inoltre, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (fra le altre, v. Cass. n. 5363 del 2012), la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell'atto introduttivo (e del ricorso per cassazione) ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., sostituito dall'art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, deve ritenersi inefficace se non sottoscritta dalla parte, posto che a tale dichiarazione la norma annette un'assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che "l'interessato" si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito.
  31. In mancanza, infatti, di tale allegazione (la quale solo consente alla Corte di Cassazione l'esercizio, altrimenti inibito, del potere del diretto esame degli atti del giudizio di merito, deve ritenersi non adempiuto l'onere autocertificativo e, quindi, non risultante il requisito reddituale al quale il novellato citato art. 152, disp. att. riconnette l'esonero, nei giudizi per prestazioni previdenziali, dal pagamento di spese, competenze e onorari, come statuito da questa Corte, con la sentenza n. 5896 del 2014.
  32. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo - ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell'ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell'apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).
  33. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del quindici per cento. Ai sensi dell'art.13,comma 1-quater, d.P.R.115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art.13,comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2015

Il Presidente
Pietro Curzio