Se il procedimento è avviato o proseguito dagli eredi, è al loro reddito che si fa riferimento per riconoscere o meno il diritto all'esenzione dalle spese di lite ex art. 152 disp. att. c.p.c. (Cass. sent. 9875/2019)

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Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 9 aprile 2019, n. 9875

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 9 aprile 2019, n. 9875

Esonero dalle spese di lite ex art. 152 disp. att. c.p.c. - procedura iniziata o proseguita dagli eredi dell'invalido - rilevano le condizioni reddituali degli eredi e non del dante causa. (Sintesi non ufficiale)

Allorché il giudizio per il conseguimento della prestazione di invalidità civile sia iniziato o proseguito dagli eredi dell'invalido, i quali pure assumono la qualità di «parte» nel processo, è alle loro condizioni reddituali che si deve fare riferimento per stabilire se essi abbiano o meno diritto all'esonero dalle spese di lite. (Massima non ufficiale)

Civile Sent. Sez. L Num. 9875 Anno 2019
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: MANCINO ROSSANA
Data pubblicazione: 09/04/2019

SENTENZA

sul ricorso 3272-2013 proposto da:
B** C***, elettivamente domiciliata in ***, presso lo studio dell'avvocato ****, che lo rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI;

- controricorrente -

nonchè contro

MINISTERO DELL' ECONOMIA E DELLE FINANZE C.F. 80415740580;

- intimato -

avverso la sentenza n. 9278/2011 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 30/01/2012 R.G.N. 1591/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA' che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato CLEMENTINA PULLI.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 30 gennaio 2012, la Corte di Appello Roma, per quanto in questa sede rileva, ha condannato l'appellante, B*** C***, al
pagamento delle spese del gravame ritenendo che, ai fini dell'esonero disciplinato dall'articolo 152 disp.att. cod.proc.civ., ella non potesse giovarsi della documentazione già prodotta da B*** E***, all'atto dell'introduzione del giudizio, nel frattempo deceduto.
2. Avverso tale sentenza B*** C*** ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese l'INPS, con controricorso.
3. Il Ministero dell'economia e delle finanze è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. In via preliminare occorre rilevare che dopo la proposizione del ricorso per cassazione, e prima dell'adunanza camerale fissata per 1'8 marzo 2018, è deceduto l'unico procuratore della parte ricorrente.
5. Secondo l'indirizzo interpretativo prevalente nella giurisprudenza di questa Corte, l'istituto dell'interruzione del processo concerne il giudizio di merito, caratterizzato dal principio dispositivo, e non può essere esteso, nel silenzio della legge, a quello di cassazione che, dopo la notificazione e il deposito del ricorso, è dominato dall'impulso d'ufficio e non può essere, pertanto, assimilato al giudizio di merito (per tutte v. Cass. Sez.U. n. 11195 del 1992 e n. 17295 del 2003).
6. Escluso, a lungo, che la morte del difensore, dopo la proposizione del ricorso, comportasse la necessità di particolari adempimenti, quali la rinnovazione della notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione (cfr., fra le altre, Cass. n. 2734 del 2001; n. 1082 del 1998; n. 10824 del 2004; n. 16138 del 2004), in seguito alla declaratoria di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 301 e 377, secondo comma, cod.proc.civ., in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non attribuiscono rilevanza, ai fini dell'interruzione del giudizio di cassazione, alla morte dell'unico difensore verificatasi dopo la proposizione del ricorso e prima dell'udienza di discussione (Corte cost. 109 del 2005), le Sezioni unite della Corte, sul rilievo dell'incidenza negativa del decesso del procuratore sull'esercizio del diritto di difesa e sull'integrità del contraddittorio, la cui inviolabilità dev'essere garantita nel giudizio di cassazione in termini non dissimili alle fasi di merito secondo i principi del giusto processo, hanno statuito il principio in base al quale in caso di morte dell'unico difensore, attestata dalla relata di notifica dell'avviso di udienza, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo dandone comunicazione alla parte personalmente, onde consentirle di provvedere alla nomina di un nuovo difensore (Cass. Sez. U. n. 477 del 2006 e n. 1206 del 2006).
7. In conformità a tale insegnamento, all'esito della richiamata adunanza camerale del 28 marzo 2018, è stata disposta la comunicazione dell'ordinanza di rinvio a nuovo ruolo presso lo studio legale del domiciliatario e alla parte personalmente che, ricevuta la comunicazione dell'ordinanza in data 30 maggio 2018, è rimasta inerte senza provvedere alla nomina di un nuovo difensore.
8. Già questa Corte, con la pronuncia a Sezioni unite n. 477 del 2006, aveva osservato che se la parte, una volta ricevuta detta comunicazione, rimanga inerte e non provveda alla nomina di un nuovo difensore, vengono meno i presupposti per reiterare gli adempimenti prescritti dall'art. 377, secondo comma, cod.proc.civ. (v, tra le decisioni successive in conformità con il predetto principio, Cass. 14 marzo 2016, n. 4960).
9. La parte, informata del rinvio a nuovo ruolo, non si è in alcun modo prodigata né si pone un eventuale problema di effettività del diritto di difesa per il tempo esiguo a disposizione perché ogni potenziale lesione è da escludere in considerazione della circostanza che la successiva adunanza camerale, che pure ha preceduto la trattazione del ricorso in pubblica udienza, si è svolta dopo ben sette mesi dalla comunicazione (sulla valorizzazione dell'ordinaria diligenza che deve esigersi dalla parte affinché si assicuri una nuova difesa, indispensabile per garantire il contemperamento del giusto processo e della sua ragionevole durata, v. Cass. n. 1206 del 2006 cit. e i numerosi precedenti ivi richiamati).
10. Tanto premesso, B*** C*** impugna la sentenza della Corte di merito per violazione e falsa applicazione dell'articolo 152 disp.att. cod.proc.civ., deducendo di essere «subentrata nella posizione processuale di B*** E***, unico ed originario promotore del giudizio di primo grado e d'appello» e che la Corte del gravame avrebbe dovuto valutare esclusivamente, ai fini della condanna alle spese di lite, la dichiarazione resa da B*** E***, di cui ella «non solo poteva ma doveva avvalersi» (così testualmente nel ricorso).
11. Il ricorso è da rigettare.
12. A seguito della modifica dell'articolo 152 cit. ad opera del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n.326, ciò che rileva ai fini dell'esonero dall'onere delle spese processuali, in caso di soccombenza, sono le condizioni reddituali della «parte soccombente» e non più la natura della controversia.
13. Non può, pertanto, trovare applicazione il principio espresso da questa Corte, in epoca lontana e precedente alla novella introdotta al codice di rito, secondo cui «ove nelle more del giudizio, proposto dal lavoratore assicurato nei confronti dell'ente assicuratore per il conseguimento di una prestazione previdenziale, si verifichi il decesso del medesimo, il rapporto giuridico, nel quale subentra l'erede, conserva carattere e natura previdenziale con la conseguenza che, anche nei confronti dell'erede, trova applicazione il disposto dell'art. 152 cod. proc. civ., che prevede l'esonero delle spese del giudizio in caso di soccombenza del lavoratore assicurato e sempre che la lite non sia manifestamente infondata o temeraria» (così Cass. 9 marzo 1990, n. 1903).
14. Alla stregua della novellata disposizione codicistica, allorché il giudizio per il conseguimento della prestazione di invalidità civile sia iniziato o proseguito dagli eredi dell'invalido, i quali pure assumono la qualità di «parte» nel processo, è alle loro condizioni reddituali che si deve fare riferimento per stabilire se essi abbiano o meno diritto all'esonero dalle spese di lite.
15. Tale interpretazione è suffragata, del resto, dalla rilevanza, agli effetti delle modalità di assolvimento dell'onere autocertificativo della parte ricorrente e del relativo diritto all'esonero, delle variazioni reddituali eventualmente concretizzatesi fino all'esito definitivo del processo, siano esse ostative all'esonero, se originariamente sussistenti, siano esse idonee all'esonero, se originariamente insussistenti (v., fra le altre, Cass. 26 luglio 2011, n. 16284).
16. Con la successione dell'erede nel processo si concretizza una variazione nella situazione reddituale che l'erede, al quale compete la qualità di ricorrente, deve introdurre nel processo, mediante autonoma dichiarazione ex art. 152 disp. att. cod.proc.civ.
17. L'opposta interpretazione, sostenuta in ricorso, travolgerebbe la ratio della novellata disposizione, volta a contemperare il diritto del cittadino non abbiente di far valere il suo diritto alla prestazione previdenziale senza che il rischio del processo, apparendogli troppo gravoso (cfr. Corte cost. nn. 23 del 1973 e 194 del 1994), possa distoglierlo dal far valere una fondata pretesa ad una prestazione previdenziale o assistenziale, con l'interesse generale al contenimento della spesa pubblica.
18. Le spese di lite, in difetto di idonea dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali per beneficiare dell'esenzione dal pagamento, seguono la soccombenza e si liquidano, come in dispositivo, in favore dell'INPS.
19. Non si provvede alla regolazione delle spese in favore della parte rimasta intimata.
20. Per essere stato il ricorso notificato alla controparte in epoca antecedente al discrimine temporale del 30 gennaio 2013, non sussistono, ratione temporis, i presupposti previsti dall'art.13 comma 1 -quater del d.P.R. n.115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della legge n.228 del 2012 per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, del citato articolo 13 (v., fra le altre, Cass, Sez.U, n. 3774 del 2014).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 febbraio 2019
Il Consigliere              Il Presidente
Rossana Mancino     Antonio Manna