La Cassazione riepiloga i parametri per accertare la sussistenza del requisito sanitario ai fini dell'indennità di accompagnamento, richiamando Cass. n. 15882/2015 e Cass., ord., n. 25255/2014.
La Cassazione richiama due recenti statuizioni, per riepilogare in pochi cenni la condizione sanitaria richiesta per la concessione dell'indennità di accompagnamento.
E' arcinoto che, come testualmente prescritto dalla norma istitutiva di questa provvidenza economica, e cioè dall'art. 1 L. 18/1980, è necessario che sussistano contestualmente due condizioni:
1) invalidità civile totale (quella cioè che dà diritto alla pensione di inabilità di cui all'art. 12 L. 118/1971);
2) impossibilità di deambulare autonomamente o alternativamente impossibilità a compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita.
Partendo da tale assunto, che è pacifico e discende chiaramente dal testo normativo (cfr. di recente sentenza n. 15882/2015), la sentenza in esame quindi precisa il significato della condizione di cui al punto 2 (su cui qualche variabilità interpretativa puo sempre prospettarsi):
impossibilità e non difficoltà (atti quotidiani e deambulazione)
- l'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua sono requisiti diversi dalla semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità).
Ciò è tratto dalla citata sentenza n. 15882/2015, la quale ulteriormente così dettagliava:
"nel caso in esame il CTU, sul cui giudizio si fonda la decisione impugnata, ha accertato che la ricorrente deambula autonomamente sia pure coi l’ausilio di bastoni, circostanza, quest’ultima, che non rileva ai fini in esame,essendo necessaria l’impossibilita di deambulazione senza l’ausilio di altro soggetto".
impossibilità materiale o psicologica negli atti quotidiani
- come statuito con l'ordinanza 25255/2014, la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia come mera idoneità ad eseguirli materialmente, ma anche come incapacità - per malattie di carattere psichico - di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica;
numero degli atti quotidiani impossibilitati
- la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri si deve parametrare non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona, sicché anche l'incapacità di compiere un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera (Cass., ord., n. 25255/2014cit., che su tale aspetto cita Cass. 11 settembre 2003, n. 13362).
*****
Occorre rammentare che l'ordinanza 25255/2014 aveva poi fornito ulteriori elementi di dettaglio per la esatta individuazione della condizione di cui al predetto punto 2).
In particolare:
l'attesa dell'aiuto materiale di terzi
- l'incapacità di ordine materiale a compiere autonomamente le comuni attività del vivere quotidiano con carattere continuo comprende anche le ipotesi in cui la necessità di far ricorso all'aiuto di terzi si manifesta nel corso della giornata ogni volta che il soggetto debba compiere una determinata attività della vita quotidiana per la quale non può fare a meno dell'aiuto di terzi, per cui si alternano momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva (così Cass. 11 aprile 2003, n. 5784).
l'ncapacità psichica di soggetti materialmente capaci
- quanto alle malattie psichiche, l'indennità di accompagnamento va riconosciuta anche in favore di coloro i quali, pur essendo materialmente capaci di compiere gli atti elementari della vita quotidiana (quali nutrirsi, vestirsi, provvedere alla pulizia personale, assumere con corretta posologia le medicine prescritte) necessitano della presenza costante di un accompagnatore in quanto, in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a forme avanzate di gravi stati patologici, o a gravi carenze intellettive, non sono in grado di determinarsi autonomamente al compimento di tali atti nei tempi dovuti e con modi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sé o gli altri.
A tale proposito l'ordinanza 25255/2014 ha richiamato, a sua volta, la giurisprudenza di legittimità in materia di psicopatie con incapacità di integrarsi nel proprio contesto sociale, la quale ha riconosciuto il diritto all'indennità di accompagnamento: a persona, che per deficit organici e cerebrali fin dalla nascita si presentava incapace di "stabilire autonomamente se, quando e come" svolgere gli atti elementari della vita quotidiana, riferendosi l'incapacità non solo agli atti fisiologici giornalieri "ma anche a quelli direttamente strumentali, che l'uomo deve compiere normalmente nell'ambito della società" (Cass. 7 marzo 2001, n. 3299); a persona che, per infermità mentali, difettava anche episodicamente di autocontrollo sì da rendersi pericoloso per sé e per altri (Cass. 21 aprile 1993, n. 4664); a persona che, per un deficit mentale da sindrome psico-organica derivante da microlesioni vascolari localizzate nella struttura cerebrale e destinate a provocare nel tempo una vera e propria demenza, non poteva sopravvivere senza l'aiuto costante del prossimo (Cass. 22 gennaio 2002, n. 667); a persona, che . anche per un deterioramento delle facoltà psichiche (in un quadro clinico presentante tra l'altro ictus ischemico e diabete mellito), mostrava una "incapacità di tipo funzionale", di compiere cioè "l'atto senza l'incombente pericolo di danno (per l'agente o per altri)" (Cass. 27 marzo 2001 n. 4389); a persona, che, affetta da oligofrenia di grado elevato, con turbe caratteriali e comportamentali, era incapace di parlare se non con monosillabi e di non riconoscere gli oggetti, versando così in una situazione di bisogno di una continua assistenza non solo per l'incapacità materiale di compiere l'atto, ma anche "per la necessità di evitare danni a sé e ad altri" (Cass. 8 aprile 2002, n. 5017 e infine Cass. 23 dicembre 2011, n. 28705 con riguardo ad una diagnosi di "psicosi schizofrenica paranoidea - demenza precoce").
Marco Aquilani, 12.10.2016
Il testo dell'atto
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 30 settembre 2016, n. 19545
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 30 settembre 2016, n. 19545
Indennità di accompagnamento - requisito sanitario - contestuale presenza di una situazione di invalidità totale e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua. Indennità di accompagnamento - requisito sanitario -insussistenza del requisito in caso di semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità). Indennità di accompagnamento - malati psichici -requisito dell'incapacità di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita - sussiste anche quando vi sia incapacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica. Indennità di accompagnamento - requisito dell'incapacità a compiere gli atti quotidiani - anche l'incapacità ad un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e per l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare di per sé la necessità di una effettiva assistenza giornaliera. (Sintesi non ufficiale)
Civile Sent. Sez. L Num. 19545 Anno 2016
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 30/09/2016
SENTENZA
sul ricorso 20597-2011 proposto da: P*** F***, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO BOCCARDO 26/A, presso lo studio dell'avvocato GENNARO FREDELLA, rappresentata e difesa dall'avvocato OTELLO PIER LUIGI MILAURO, giusta delega in atti; - ricorrente -
nonchè contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F. 80415740580; - intimato -
nonchè contro
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI; - resistente -
avverso la sentenza n. 232/2011 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 04/02/2011, R.G. N. 1552/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito l'Avvocato OTELLO PIER LUIGI MILAURO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per rinotifica o in subordine per l'inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL FATTO
1. La Corte d'Appello di Lecce con la sentenza n. 232 del 2011, depositata il 4 febbraio 2011, ha rigettato l'impugnazione proposta da P*** F*** nei confronti di Ministero economia e finanze e dell'INPS avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Lecce n. 4508 del 15 maggio 2008.
2. La ricorrente aveva chiesto al giudice del lavoro di Lecce il riconoscimento in proprio favore della indennità di accompagnamento, oltre accessori.
Il Tribunale adito, con la suddetta sentenza, rigettava la domanda sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio.
3. L'Odierna ricorrente proponeva appello e chiedeva la rinnovazione delle indagini peritali e l'accoglimento della domanda.
4. La Corte d'Appello non ha disposto la rinnovazione della consulenza in quanto il CTU, in primo grado, sulla base della documentazione sanitaria allegata', oltre alla visita personale, aveva dato congrua ed esauriente motivazione in ordine al giudizio espresso (ed aveva escluso che l'appellante avesse diritto all'indennità di accompagnamento, avendo determinato il grado di invalidità della stessa nella misura del 100%, ma senza necessità di assistenza continua.
5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la P*** prospettando un motivo di impugnazioni articolato in più profili.
6. L'INPS ha depositato procura in calce alla copia del ricorso notificato.
7. Il Ministero è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta violazione di legge, violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione dei diritti di difesa costituzionalmente garantiti; omessa, carente e contraddittoria e comunque insufficiente motivazione.
Assume la P*** che la Corte d'Appello avrebbe dovuto procedere al rinnovo della CTU, atteso che il giudizio sulla domanda si era fondato sulla stessa. Il CTU ometteva di indicare nelle patologie l'incontinenza urinaria ed aggiungeva rispetto a quelle indicate dalla Commissione medica l'ipertensione e lo stato d'ansia. Ciò avrebbe dovuto indurre a rinnovare la CTU, atteso che, diversamente da quanto affermato nella sentenza di appello, le osservazioni critiche formulate non erano generiche e già formulate in primo grado, in quanto la produzione del cartellino di ricovero 5 maggio- 7 maggio 2008 (a meno di un mese dopo le operazioni peritali) e relativo alla gravemente invalidante patologia del prolasso anale costituiva nuovo e probante elemento tale da inficiare le valutazioni espresse dal CTU. Dunque non tutte le patologie menzionate nell'atto di appello, come affermato dal giudice di secondo grado, venivano esaminate vagliate in sede peritale. Dunque doveva procedersi a una nuova CTU o chiamare il CTU a rendere chiarimenti anche in 4 relazione alla circostanza che la Commissione medica di prima istanza attribuiva alla Ferrigno una invalidità totale al 100%già dal 16 giugno 2004.
2. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Occorre rilevare che la Corte d'appello rigettava l'impugnazione perché, pur in presenza di invalidità in misura del 100%, il CTU aveva escluso la necessità di assistenza continua.
Ed infatti, ai fini del riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, l'art. 1 della legge n. 18 del 1980, richiede (Cass., n. 15882 del 2015) la contestuale presenza di una situazione di invalidità totale, rilevante per la pensione di inabilità civile ai sensi dell'art. 12 della legge n. 118 del 1971 e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua, requisiti, quindi, diversi dalla semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità).
La capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia come mera idoneità ad eseguirli materialmente, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica, dovendosi parametrare la stessa non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona, sicché anche l'incapacità di compiere un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera (Cass., ord., n. 25255 del 2014).
La censura della ricorrente non investe, in relazione al requisito dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua in modo specifico,. la statuizione sulla mancanza della necessità di assistenza continua, ma si incentra sulla indicazione delle patologie in relazione al riconoscimento da parte della Commissione medica dell'invalidità totale al 100%, e non contesta con specifiche doglianze l'esito dell'esame obiettivo, riportato in sentenza (marcia lievemente claudicante a sinistra ma autonoma, vigile, orientata, cooperante, non deficit cognitivi, forza, sensibilità e coordinazione indenni, stazione eretta normomantenuta), a sostegno della mancanza delle condizioni dei requisiti sanitari per l'attribuzione dell'indennità in questione. Come si è accennato la medesima Corte d'Appello, come il CTU, già riconosceva il grado di invalidità in misura del 100%.
Il motivo di ricorso si sostanzia, quindi in una critica generica (la ricorrente richiama la produzione del cartellino di ricovero 5-7 maggio 2008 - senza indicarne le modalità processuali di produzione o trascriverne il contenuto; non riporta i motivi formulati in appello, pur deducendo che non tutto veniva esaminato dal giudice di secondo grado, dovendosi, peraltro, le argomentazioni critiche alla CTU di primo grado contrapporre mediante specifico motivo di impugnazione al fondamento logico giuridico su cui è fondata la sentenza appellata (Cass., n. 3302 del 2013) alla CTU, come condivisa dalla Corte d'Appello, critica che non può trovare ingresso in sede di legittimità, a fronte della adeguata motivazione della sentenza, che nel fare corretta applicazione dei principi sopra richiamati, ha accettato le risultanze della CTU, ritenute ineccepibili sul piano tecnico-scientifico, oltre che logico, non solo in ragione dell'esame obiettivo, ma anche della documentazione sanitaria allegata alla stessa.
3. Il ricorso deve essere rigettato.
4. Nulla spese atteso che l'INPS ha depositato solo la procura alle liti in calce alla copia del ricorso notificato e non è comparso in udienza, ed il Ministero è rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta II ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 maggio 2016.
La Cassazione richiama due recenti statuizioni, per riepilogare in pochi cenni la condizione sanitaria richiesta per la concessione dell'indennità di accompagnamento.
E' arcinoto che, come testualmente prescritto dalla norma istitutiva di questa provvidenza economica, e cioè dall'art. 1 L. 18/1980, è necessario che sussistano contestualmente due condizioni:
1) invalidità civile totale (quella cioè che dà diritto alla pensione di inabilità di cui all'art. 12 L. 118/1971);
2) impossibilità di deambulare autonomamente o alternativamente impossibilità a compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita.
Partendo da tale assunto, che è pacifico e discende chiaramente dal testo normativo (cfr. di recente sentenza n. 15882/2015), la sentenza in esame quindi precisa il significato della condizione di cui al punto 2 (su cui qualche variabilità interpretativa puo sempre prospettarsi):
impossibilità e non difficoltà (atti quotidiani e deambulazione)
- l'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua sono requisiti diversi dalla semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità).
Ciò è tratto dalla citata sentenza n. 15882/2015, la quale ulteriormente così dettagliava:
"nel caso in esame il CTU, sul cui giudizio si fonda la decisione impugnata, ha accertato che la ricorrente deambula autonomamente sia pure coi l’ausilio di bastoni, circostanza, quest’ultima, che non rileva ai fini in esame,essendo necessaria l’impossibilita di deambulazione senza l’ausilio di altro soggetto".
impossibilità materiale o psicologica negli atti quotidiani
- come statuito con l'ordinanza 25255/2014, la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia come mera idoneità ad eseguirli materialmente, ma anche come incapacità - per malattie di carattere psichico - di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica;
numero degli atti quotidiani impossibilitati
- la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri si deve parametrare non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona, sicché anche l'incapacità di compiere un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera (Cass., ord., n. 25255/2014cit., che su tale aspetto cita Cass. 11 settembre 2003, n. 13362).
*****
Occorre rammentare che l'ordinanza 25255/2014 aveva poi fornito ulteriori elementi di dettaglio per la esatta individuazione della condizione di cui al predetto punto 2).
In particolare:
l'attesa dell'aiuto materiale di terzi
- l'incapacità di ordine materiale a compiere autonomamente le comuni attività del vivere quotidiano con carattere continuo comprende anche le ipotesi in cui la necessità di far ricorso all'aiuto di terzi si manifesta nel corso della giornata ogni volta che il soggetto debba compiere una determinata attività della vita quotidiana per la quale non può fare a meno dell'aiuto di terzi, per cui si alternano momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva (così Cass. 11 aprile 2003, n. 5784).
l'ncapacità psichica di soggetti materialmente capaci
- quanto alle malattie psichiche, l'indennità di accompagnamento va riconosciuta anche in favore di coloro i quali, pur essendo materialmente capaci di compiere gli atti elementari della vita quotidiana (quali nutrirsi, vestirsi, provvedere alla pulizia personale, assumere con corretta posologia le medicine prescritte) necessitano della presenza costante di un accompagnatore in quanto, in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a forme avanzate di gravi stati patologici, o a gravi carenze intellettive, non sono in grado di determinarsi autonomamente al compimento di tali atti nei tempi dovuti e con modi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sé o gli altri.
A tale proposito l'ordinanza 25255/2014 ha richiamato, a sua volta, la giurisprudenza di legittimità in materia di psicopatie con incapacità di integrarsi nel proprio contesto sociale, la quale ha riconosciuto il diritto all'indennità di accompagnamento: a persona, che per deficit organici e cerebrali fin dalla nascita si presentava incapace di "stabilire autonomamente se, quando e come" svolgere gli atti elementari della vita quotidiana, riferendosi l'incapacità non solo agli atti fisiologici giornalieri "ma anche a quelli direttamente strumentali, che l'uomo deve compiere normalmente nell'ambito della società" (Cass. 7 marzo 2001, n. 3299); a persona che, per infermità mentali, difettava anche episodicamente di autocontrollo sì da rendersi pericoloso per sé e per altri (Cass. 21 aprile 1993, n. 4664); a persona che, per un deficit mentale da sindrome psico-organica derivante da microlesioni vascolari localizzate nella struttura cerebrale e destinate a provocare nel tempo una vera e propria demenza, non poteva sopravvivere senza l'aiuto costante del prossimo (Cass. 22 gennaio 2002, n. 667); a persona, che . anche per un deterioramento delle facoltà psichiche (in un quadro clinico presentante tra l'altro ictus ischemico e diabete mellito), mostrava una "incapacità di tipo funzionale", di compiere cioè "l'atto senza l'incombente pericolo di danno (per l'agente o per altri)" (Cass. 27 marzo 2001 n. 4389); a persona, che, affetta da oligofrenia di grado elevato, con turbe caratteriali e comportamentali, era incapace di parlare se non con monosillabi e di non riconoscere gli oggetti, versando così in una situazione di bisogno di una continua assistenza non solo per l'incapacità materiale di compiere l'atto, ma anche "per la necessità di evitare danni a sé e ad altri" (Cass. 8 aprile 2002, n. 5017 e infine Cass. 23 dicembre 2011, n. 28705 con riguardo ad una diagnosi di "psicosi schizofrenica paranoidea - demenza precoce").
Il testo dell'atto
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 30 settembre 2016, n. 19545
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 30 settembre 2016, n. 19545
Indennità di accompagnamento - requisito sanitario - contestuale presenza di una situazione di invalidità totale e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua. Indennità di accompagnamento - requisito sanitario -insussistenza del requisito in caso di semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità). Indennità di accompagnamento - malati psichici -requisito dell'incapacità di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita - sussiste anche quando vi sia incapacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica. Indennità di accompagnamento - requisito dell'incapacità a compiere gli atti quotidiani - anche l'incapacità ad un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e per l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare di per sé la necessità di una effettiva assistenza giornaliera. (Sintesi non ufficiale)
Civile Sent. Sez. L Num. 19545 Anno 2016
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 30/09/2016
SENTENZA
sul ricorso 20597-2011 proposto da: P*** F***, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO BOCCARDO 26/A, presso lo studio dell'avvocato GENNARO FREDELLA, rappresentata e difesa dall'avvocato OTELLO PIER LUIGI MILAURO, giusta delega in atti; - ricorrente -
nonchè contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F. 80415740580; - intimato -
nonchè contro
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI; - resistente -
avverso la sentenza n. 232/2011 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 04/02/2011, R.G. N. 1552/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito l'Avvocato OTELLO PIER LUIGI MILAURO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per rinotifica o in subordine per l'inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL FATTO
1. La Corte d'Appello di Lecce con la sentenza n. 232 del 2011, depositata il 4 febbraio 2011, ha rigettato l'impugnazione proposta da P*** F*** nei confronti di Ministero economia e finanze e dell'INPS avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Lecce n. 4508 del 15 maggio 2008.
2. La ricorrente aveva chiesto al giudice del lavoro di Lecce il riconoscimento in proprio favore della indennità di accompagnamento, oltre accessori.
Il Tribunale adito, con la suddetta sentenza, rigettava la domanda sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio.
3. L'Odierna ricorrente proponeva appello e chiedeva la rinnovazione delle indagini peritali e l'accoglimento della domanda.
4. La Corte d'Appello non ha disposto la rinnovazione della consulenza in quanto il CTU, in primo grado, sulla base della documentazione sanitaria allegata', oltre alla visita personale, aveva dato congrua ed esauriente motivazione in ordine al giudizio espresso (ed aveva escluso che l'appellante avesse diritto all'indennità di accompagnamento, avendo determinato il grado di invalidità della stessa nella misura del 100%, ma senza necessità di assistenza continua.
5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la P*** prospettando un motivo di impugnazioni articolato in più profili.
6. L'INPS ha depositato procura in calce alla copia del ricorso notificato.
7. Il Ministero è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta violazione di legge, violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione dei diritti di difesa costituzionalmente garantiti; omessa, carente e contraddittoria e comunque insufficiente motivazione.
Assume la P*** che la Corte d'Appello avrebbe dovuto procedere al rinnovo della CTU, atteso che il giudizio sulla domanda si era fondato sulla stessa. Il CTU ometteva di indicare nelle patologie l'incontinenza urinaria ed aggiungeva rispetto a quelle indicate dalla Commissione medica l'ipertensione e lo stato d'ansia. Ciò avrebbe dovuto indurre a rinnovare la CTU, atteso che, diversamente da quanto affermato nella sentenza di appello, le osservazioni critiche formulate non erano generiche e già formulate in primo grado, in quanto la produzione del cartellino di ricovero 5 maggio- 7 maggio 2008 (a meno di un mese dopo le operazioni peritali) e relativo alla gravemente invalidante patologia del prolasso anale costituiva nuovo e probante elemento tale da inficiare le valutazioni espresse dal CTU. Dunque non tutte le patologie menzionate nell'atto di appello, come affermato dal giudice di secondo grado, venivano esaminate vagliate in sede peritale. Dunque doveva procedersi a una nuova CTU o chiamare il CTU a rendere chiarimenti anche in 4 relazione alla circostanza che la Commissione medica di prima istanza attribuiva alla Ferrigno una invalidità totale al 100%già dal 16 giugno 2004.
2. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Occorre rilevare che la Corte d'appello rigettava l'impugnazione perché, pur in presenza di invalidità in misura del 100%, il CTU aveva escluso la necessità di assistenza continua.
Ed infatti, ai fini del riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, l'art. 1 della legge n. 18 del 1980, richiede (Cass., n. 15882 del 2015) la contestuale presenza di una situazione di invalidità totale, rilevante per la pensione di inabilità civile ai sensi dell'art. 12 della legge n. 118 del 1971 e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua, requisiti, quindi, diversi dalla semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità).
La capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia come mera idoneità ad eseguirli materialmente, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica, dovendosi parametrare la stessa non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona, sicché anche l'incapacità di compiere un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera (Cass., ord., n. 25255 del 2014).
La censura della ricorrente non investe, in relazione al requisito dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua in modo specifico,. la statuizione sulla mancanza della necessità di assistenza continua, ma si incentra sulla indicazione delle patologie in relazione al riconoscimento da parte della Commissione medica dell'invalidità totale al 100%, e non contesta con specifiche doglianze l'esito dell'esame obiettivo, riportato in sentenza (marcia lievemente claudicante a sinistra ma autonoma, vigile, orientata, cooperante, non deficit cognitivi, forza, sensibilità e coordinazione indenni, stazione eretta normomantenuta), a sostegno della mancanza delle condizioni dei requisiti sanitari per l'attribuzione dell'indennità in questione. Come si è accennato la medesima Corte d'Appello, come il CTU, già riconosceva il grado di invalidità in misura del 100%.
Il motivo di ricorso si sostanzia, quindi in una critica generica (la ricorrente richiama la produzione del cartellino di ricovero 5-7 maggio 2008 - senza indicarne le modalità processuali di produzione o trascriverne il contenuto; non riporta i motivi formulati in appello, pur deducendo che non tutto veniva esaminato dal giudice di secondo grado, dovendosi, peraltro, le argomentazioni critiche alla CTU di primo grado contrapporre mediante specifico motivo di impugnazione al fondamento logico giuridico su cui è fondata la sentenza appellata (Cass., n. 3302 del 2013) alla CTU, come condivisa dalla Corte d'Appello, critica che non può trovare ingresso in sede di legittimità, a fronte della adeguata motivazione della sentenza, che nel fare corretta applicazione dei principi sopra richiamati, ha accettato le risultanze della CTU, ritenute ineccepibili sul piano tecnico-scientifico, oltre che logico, non solo in ragione dell'esame obiettivo, ma anche della documentazione sanitaria allegata alla stessa.
3. Il ricorso deve essere rigettato.
4. Nulla spese atteso che l'INPS ha depositato solo la procura alle liti in calce alla copia del ricorso notificato e non è comparso in udienza, ed il Ministero è rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta II ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 maggio 2016.
Fonte
Corte di Cassazione-Sentenze Web
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